Notes, 5 giugno 2014
Tempo di lettura: 2 minutiAlleluja. Notes obbligato, e dedicato a un amico di tanti amici. Michele era un mendicante, un barbone come si dice in lingua volgare, e viveva all’intorno della basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Di presso alla tomba in cui riposano i resti del santo che ha indicato nei poveri il tesoro della Chiesa. Era noto in zona, ed amato e aiutato da tanti: qualche spicciolo, qualche regalo, le chiacchiere sulle alterne vicende della vita. E anche la polizia, che a volte non fa molti sconti a queste persone, con lui era benevola se non protettiva, come spiegava lui stesso. Era piccolo e magro Michele, ché non aveva molto da mangiare né il gusto, e si perdeva nei vestiti rimediati e indossati alla rinfusa. Come accade ad altri del suo settore professionale si lasciava andare nella figura e nella salute e in tante altre cose. Capita a chi ha perso, per tanti motivi, una vita “normale” per imboccare la strada. Una trascuratezza che per lui era ostentato stile di vita. E lo spiegava con certa furbizia, di strada e di fede – ché fede ne aveva con quel rosario appiccicato al collo minuto – col fatto che a tutto ci pensa il Signore. Un’esistenza di strada, conclusa di morte improvvisa, come capita spesso a chi vive la vita di margine.
Tanti ricordi, ma quello più vivo è quell’alleluja col quale intercalava il suo dire. Alleluja, sempre e comunque, nonostante la vita sia stata per lui una scarpa un po’ stretta. Oggi quell’alleluja risuona più alto, esplode felice. Oggi che lo canta insieme agli angeli del Suo Paradiso.
In Paradisum deducant te angeli… è il canto lieto e commovente che risuona, sempre di meno in realtà, ai funerali cristiani. E finisce così: «… et cum Lazaro, quondam paupere aeternam habeas requiem». A Michele, Lazzaro minuto che ha allietato le strade e la vita di amici, un arrivederci, se a Dio piacerà, nel suo Paradiso, alleluja.