23 Settembre 2015

L'incontro tra Netanyahu e Putin

L'incontro tra Netanyahu e Putin
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«Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu firmano al Cremlino un’intesa sul “coordinamento militare” in Siria che pone le basi per convergenza strategiche in Medio Oriente». Inizia così un articolo di Maurizio Molinari sulla Stampa del 22 settembre che dettaglia l’incontro tra il presidente russo e il premier israeliano avvenuto il giorno precedente in Russia, nel quale i due leader politici hanno parlato della situazione in Siria, ma soprattutto del dispiegamento militare russo nel teatro di guerra, fonte di preoccupazione per Tel Aviv.

 

Netanyahu ha portato con sé il capo di Stato Maggiore e il comandante dell’intelligence militare. Un particolare inusuale, che se da una parte conferma l’importanza del vertice, dall’altro ne evidenzia l’aspetto militare più che politico. Prosegue Molinari: «È stato un confronto senza precedenti, fra leader politici e militari dei due Paesi, attorno a un tavolo coperto di mappe, a creare un’intesa che partorirà un “protocollo d’azione”, ovvero una “linea rossa” sulle operazioni in Siria».

 

L’accordo stipulato in fondo è tutto qui: Israele ha preso atto che la Russia è entrata nel conflitto e ha posto delle condizioni al suo intervento. Le preoccupazioni principali di Netanyahu, almeno quelle esplicitate, sono state due: la prima è che la Russia si astenga dal fornire armi sofisticate ai suoi nemici storici, in particolare Hezbollah (alleata di Mosca in questo combattimento contro l’Isis e le altre agenzie del terrore); la seconda è che le alture del Golan, frontiera strategica con la Siria, non siano teatro di nuovi conflitti tra Tsahal e siriani.

 

Putin ha rassicurato il suo interlocutore, chiarendo che la Russia si comporterà in modo «responsabile», ovvero non fornirà armi sofisticate a Hezbollah. E ha spiegato che Assad non è intenzionato ad aprire un altro fronte sul Golan (cosa d’altra parte ovvia, date le note difficoltà che ha nel contrastare i terroristi scatenati nel suo Paese; ma probabilmente la richiesta israeliana sottendeva altro).

 

La «convergenza strategica» raggiunta in questo incontro quindi non ha toccato temi più alti, in particolare il destino della Siria, punto sul quale restano divergenze: Assad è considerato da Israele un nemico storico e irriducibile, mentre per Putin resta un attore imprescindibile per la stabilizzazione del Paese. Significativo a questo proposito il titolo che Russia Today (edizione francese) ha dato all’articolo dedicato all’incontro: «Putin e Netanyahu non sono riusciti a mettersi d’accordo sulla Siria».

 

Detto questo, l’incontro ha avuto la sua rilevanza. Come si accenna nella conclusione dell’articolo di Molinari, secondo il quale costituisce «il secondo tassello del mosaico di Putin – dopo l’intervento a Latakia – per creare stabilità nella regione, riassegnando alla Russia il ruolo perduto nel 1991 dopo la sconfitta di Saddam».

 

Forse scrivere che si tratta di una svolta storica appare azzardato. Ma certo qualcosa di non secondario è accaduto. Un timido spiraglio per la Siria, un segnale importante per Mosca, che vive un periodo di isolamento. Ma anche l’ennesima prova dell’astuzia di Netanyahu che ha fatto una mossa da statista, uscendo dall’angolo nel quale si era relegato con la ferrea, e perdente (almeno al momento), opposizione all’accordo sul nucleare iraniano siglato da Barack Obama.

 

Ed è stato proprio questo accordo il convitato di pietra dell’incontro. Putin ha condiviso con Obama l’opinione che l’accordo con Teheran fosse un passo necessario alla stabilizzazione dell’area (Siria compresa). La cornice rilassata che ha circondato l’incontro tra il premier israeliano e il presidente russo (che stride con i burrascosi pregressi tra Netanyahu e Obama) fa capire che il premier israeliano sta cercando un compromesso sul punto, o quantomeno una via di uscita al cul-de-sac nel quale si è infilato.

Segno che nella destra israeliana che ha in Netanyahu il suo riferimento inizia a serpeggiare la convinzione che tale accordo possa resistere al tempo (ovvero anche ai successori di Obama).

 

E forse l’importanza del vertice risiede proprio in questo ultimo aspetto più che in altro.

La soluzione della crisi siriana non è dietro l’angolo, e il colpo di mortaio caduto sull’ambasciata russa durante i colloqui moscoviti è segnale da non sottovalutare, ma le forze che vi si oppongono (l’Isis e le altre agenzie del terrore sono solo uno strumento) iniziano a constatare che il loro spazio di manovra si sta erodendo sempre più.

 

 

 

 

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