4 Novembre 2015

In morte di Yitzhak Rabin

In morte di Yitzhak Rabin
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«Sono passati vent’anni e Benjamin Netanyahu non ha ancora chiesto perdono a Dalia Rabin. Lei, forse, lo perdonerebbe. Sono vent’anni che aspettiamo questa richiesta, e il sangue di Yitzhak grida vendetta dalla terra. Non riposerà in pace finché non saranno offerte, e accettate, delle scuse.

Per vent’anni abbiamo nascosto la questione come polvere sotto il tappeto […]. In tutti questi vent’anni non sono mai stati interrogati i rabbini che chiamavano Rabin un moser (informatore), una definizione che, secondo la legge rabbinica, prevede una condanna a morte.

 

«Oppure i leader dei coloni che lo hanno definito un traditore, una definizione che comporta l’impiccagione. Non sono mai stati indagati i responsabili delle cerimonie cabalistiche, le pulsa denura, con cui hanno lanciato una maledizione su Rabin invocando per lui una morte crudele».

 

«Né sono mai stati messi in discussione quei politici, importanti esponenti del Likud, primo tra tutti Benjamin Netanyahu, che sono apparsi su un balcone a Zion Square, a Gerusalemme, infiammando la folla. Avevano visto i manifesti che ritraevano Rabin vestito con un’uniforme delle Ss, ma non hanno protestato, fermato o condannato quanti gridavano “assassino”, “traditore” o “nazista”. E poi c’è stata la manifestazione del 1994 a Ra’anana, guidata da Netanyahu, durante la quale alcuni uomini trasportavano una bara coperta da un velo nero e con sopra il nome di Rabin». Durissimo articolo di Nehemia Shtrasler pubblicato su Haaretz e ripreso dall’Internazionale nella ricorrenza dell’omicidio del premier israeliano Yitzhak Rabin, ucciso da un estremista israeliano il 4 novembre del 1995 a Tel Aviv.

 

Nota  a margine. Non sappiamo quanto il tono durissimo dell’articolo di Shtrasler sia dovuto all’emotività. Di certo quanto scrive pone domande. Come domande pone l’articolo di Egar Keret, pubblicato sul Corriere della Sera del 30 ottobre, nel quale si legge che «a distanza di tempo, l’assassinio di Yitzhak Rabin si è rivelato uno degli omicidi politici più riusciti dell’era moderna», dal momento che ha segnato un punto di svolta, chiudendo le porte al processo di pace con i palestinesi che l’ex generale aveva dischiuso.

 

Il problema, tra l’altro, è che quel clima di odio interno al popolo di Israele non è finito, alimentato anche dal non risolto conflitto con i palestinesi. Né la lacerazione che ne deriva. Oggi che, come rileva lo stesso Keret, nuove minacce vengono rivolte all’indirizzo del presidente israeliano, Reuven Rivlin, sostenitore di una distensione tra i due popoli. Rivlin che, partecipando a una manifestazione in onore di Rabin, si è rivolto agli estremisti dicendo: «Non abbiamo paura di voi». Dio lo conservi.

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