La guerra in Yemen e la visita di MbS negli Usa
Tempo di lettura: 2 minutiMohamed Bin Salman visita gli Stati Uniti d’America in cerca di un più stretto rapporto con Washington. Per favorire tale esito, il principe ereditario saudita si accredita come un «riformatore illuminato», intento a traghettare il suo Paese verso un futuro meno dipendente dal petrolio e più democratico.
Mohamed bin Salman e la guerra in Yemen
Ma la sua «immagine», si legge sull’editoriale del New York Times, «è macchiata dalla sua principale iniziativa di politica estera, la catastrofe umanitaria causata dalla guerra in Yemen, nel corso della quale sono stati uccisi almeno 10.000 civili, molti a causa degli attacchi aerei indiscriminati da parte dei sauditi e dei loro partner del Golfo Persico».
La guerra in Yemen, scoppiata a seguito della ribellione degli Houti contro il presidente Manṣūr Hādī, dura dal 2015. E vede l’ingaggio degli Stati Uniti a fianco dell’Arabia Saudita, che sta tentando di riportare Hadi al potere e il Paese sotto la sua influenza.
Un ingaggio reale quello degli Stati Uniti, che sono i «principali sostenitori dell’Arabia Saudita, dal momento che le forniscono armi e altra assistenza militare», come scrive il NYT.
«Una mozione legislativa bipartisan», promossa da Bernie Sanders, continua il giornale, chiede di «porre fine al coinvolgimento militare americano nello Yemen entro 30 giorni».
Ma quella del senatore democratico, secondo il quotidiano americano, sarebbe solo una delle iniziative legislative volte a bloccare «gli aiuti militari all’Arabia Saudita, inclusa la vendita di armi per milioni di dollari».
La necessità di trovare «una soluzione politica» al conflitto in Yemen, «uno dei paesi più poveri del mondo arabo», continua l’editoriale, «diventa più urgente ogni giorno che passa».
I numeri della tragedia
Quindi il NYT dettaglia la catastrofe umanitaria: «Almeno otto milioni di persone sono preda della carestia, un milione di persone sembra siano affette da colera e due milioni sono sfollati». Mentre un blocco «di terra, aria e mare impedisce» di portare aiuti umanitari in «cibo, carburante e medicinali» a «milioni di persone».
Quindi, ricordando quanto affermato dal generale Joseph Vottel, alla guida del Comando centrale delle operazioni, che al Congresso ha negato che gli Stati Uniti siano entrati nel conflitto, il NYT obietta che «ciò non è credibile»
E questo perché «la coalizione guidata dai sauditi avrebbe difficoltà a continuare l’aggressione senza l’assistenza americana, che ha offerto rifornimento in volo [ai jet], armi, valutazioni di intelligence e altra assistenza militare».
«Oltre al disastro umanitario», prosegue l’editoriale, «i membri del Congresso che hanno sostenuto la risoluzione sono preoccupati per la base legale del coinvolgimento americano».
Infatti, giustificato nel post 11 settembre come un’operazione contro al Qaeda, l’ingaggio americano si è trasformato, senza l’approvazione del Congresso, in un coinvolgimento diretto degli Usa «nella guerra sauditi – Houthi».
Iniziative legislative come quella del senatore Sanders, conclude il quotidiano, «possono e devono imporre un dibattito serio e responsabile».