Cina for Africa
Tempo di lettura: 3 minutiDa settimane sui media cinesi campeggiano articoli sul recente summit FOCAC (Forum on China – Africa cooperation) di Pechino, segno della rilevanza che annettono alla nuova cooperazione con il continente dimenticato.
La Nuova Via della Seta in Africa
Dimenticato da tutti, ma non dal Dragone, che punta su di esso per allargare la rete della nuova via della Seta. Tanto che al summit hanno partecipato quasi tutti i leader africani.
Pechino ha annunciato che stanzierà 60 miliardi per l’Africa, con investimenti diversificati, volti a favorirne lo sviluppo secondo la formula win to win (tutti vincitori).
Un progetto che si basa su “cinque no“: nessuna interferenza a nessun livello, da quello politico a quello economico.
Formula che vuole opporsi al modello degli “aiuti” proposti dell’Occidente, caratterizzati da pesanti interferenze politiche ed economiche.
Non solo: al contrario degli “aiuti” occidentali, parte degli investimenti cinesi saranno senza interessi, cosa che dovrebbe limitare agli Stati africani la famosa “trappola del debito“, che li schiaccia sotto il peso di oneri finanziari talmente alti da risultare ormai inestinguibili.
A questo proposito, ci si perdoni, ma la parentesi è d’obbligo, qualcuno forse ricorderà l’insistenza con la quale papa Wojtyla chiese di azzerare o almeno alleviare il debito dei Paesi africani. Invito che ebbe eco, ma non esiti. Da riprendere.
Il modello cinese e quello occidentale
Certo, la non ingerenza avrà come conseguenza il disinteresse per le eventuali nefandezze compiute dai propri interlocutori, e sono tante quelle dei vari satrapi che governano l’Africa.
Ma è quello che fanno da secoli i Paesi occidentali, anche se parlano di diritti, democrazia e libertà. Un approccio più cinico, quello cinese, ma almeno non ipocrita.
E però, l’Africa per la Cina non rappresenta solo uno spazio di predazione, come avviene per l’Occidente.
Pechino è davvero interessata al suo sviluppo, stante che un deficit in tal senso andrebbe a detrimento dell’efficacia della Nuova Via della Seta.
Inoltre gran parte dei suoi investimenti sono diretti a creare infrastrutture, arterie vitali della Via in questione, che favoriranno non solo il commercio cinese, ma anche quello locale.
Proprio la creazione di infrastrutture diversifica gli investimenti di Pechino da quelli d’Occidente, in genere diretti, come detto, alla predazione o, se di segno positivo, limitati al solo campo assistenziale.
La Cina e i timori d’Occidente
L’attivismo pro-Africa di Pechino è visto con allarme dalle Cancellerie d’Occidente, perché percepito come ingerenza indebita in un Continente che da secoli gli “appartiene”.
Il presidente Xi Jinping è però riuscito a dare un valore positivo a tale allarme, affermando che il rilancio cinese ha costretto “i partner internazionali a prestare maggiore attenzione all’Africa e ad aumentare il loro contributo e la cooperazione con il continente”.
Insomma, l’Africa non potrà che giovarsi di essere al centro di una nuova attenzione globale.
Infine, va notato che da tempo in Occidente si levano voci in favore di un piano Marshall per l’Africa, che oltre a favorirne lo sviluppo, andrebbe a frenarne le spinte migratorie. La Cina non ne ha parlato: l’ha fatto.
Probabile che l’interesse di Pechino per l’Africa susciti contrasto. Come contrasto suscita la sua crescita (vedi alla voce dazi di Trump).
Possibile quindi l’innesco di nuove conflittualità africane. Nel caso, è possibile che la Cina dispieghi una presenza militare a presidio dei suoi investimenti. Come evidenzia la creazione di una base militare a Gibuti.
Pechino è sempre stata restia a inviare militari nel mondo. Nel caso africano, si aprirebbe una nuova fase della sua proiezione globale: non solo economica, ma anche militare.