Parigi: la vittoria di Putin e Trump
Tempo di lettura: 3 minutiLa celebrazione per i cento anni dalla fine della seconda Guerra mondiale di Parigi doveva essere un’occasione per aprire spiragli di distensione internazionale e così è stato, nonostante le complicazioni causate da indebite ingerenze.
Trump – Putin e l’interdizione preventiva
Infatti doveva essere l’occasione per un dialogo tra Trump e Putin, un segnale più che importante in tal senso. E si è tentato di ostacolarlo, con ostentato, quanto effimero, successo.
Ai presidenti della Russia e degli Stati Uniti, infatti, che avevano già deciso per un incontro a due, è stato chiesto di annullarlo, perché “non oscurasse la cerimonia”.
Inoltre, gli organizzatori hanno posto distanze tra loro per evitare addirittura una qualche fugace battuta.
“La cerimonia si svolge in modo tale da non avere alcuna possibilità di comunicare, stiamo solo osservando eventi”, ha osservato infatti Putin, con certa malcelata ironia in un’intervista.
Un’azione di interdizione che, nonostante fotografi la tragedia in cui versa l’Occidente, dilaniato da un ritorno nefasto del maccartismo, palesa anche scarso senso del ridicolo da parte dei suoi protagonisti.
Il colloquio tra i due presidenti era stato annunciato da tempo. Ed era stato immaginato un pranzo di lavoro perché avesse portata operativa.
Eppure l’invito ad annullarlo è arrivato solo all’ultimo momento, per togliere spazio di manovra alla ricerca di alternative.
L’incontro di Parigi
Putin ha dato segno di accogliere l’invito, come da intervista a Russia Today pubblicata sul sito ufficiale del Cremlino, per evitare ulteriori fastidi e non turbare in maniera autolesionista l’atmosfera distensiva.
Ma alla fine ha rivelato che il dialogo si è poi svolto. Con esito “positivo”. Un annuncio che è suonato come una rivendicazione. Di vittoria.
Non si tratta di evidenziare le capacità di manovra di Putin o Trump, che hanno ovviato un ostacolo con rari precedenti nella storia della diplomazia (far annullare all’ultimo minuto un incontro tra i presidenti degli Stati Uniti e della Russia non appartiene alla storia, ma alla follia…).
Piuttosto rende manifesta la miopia dei loro antagonisti, le cui manovre ostative denunciano sempre più spesso la meschinità e l’affanno del caso (nonostante certa metodica ferocia).
Il G-20 di Buenos Aires
Insomma, la celebrazione di Parigi, nonostante le azioni di contrasto, ha segnato un passo verso la distensione internazionale, come evidenzia anche il dialogo a quattro (Putin, Trump, Macron e la Merkel) su varie criticità globali, tra cui la cruciale Siria.
I due presidenti si rivedranno per un colloquio più approfondito a margine del G20 di Buenos Aires, come peraltro pianificato, nel cui ambito è previsto anche un vertice tra Trump e Xi Jinping.
Appuntamento ulteriore, quest’ultimo, che accresce l’importanza (anche simbolica) di tale summit e presumibilmente renderà più acuto il prevedibile contrasto preventivo (opera dei fautori delle guerre preventive).
In previsione di quel vertice, va segnalato come più che significativo l’incontro di Henri Kissinger con Xi Jinping, avvenuto la scorsa settimana a Pechino.
Se si tiene presente l’influenza che Kissinger ha sull’amministrazione Trump, e sullo stesso presidente americano, se ne può intuire l’importanza.
Xi Jinping ha salutato l’ospite come un “amico del popolo cinese”. Kissinger, da parte sua, ha augurato il “successo” del vertice di Buenos Aires. Di buon auspicio. A vari i livelli.