Usa-Cina: guerra commercial-nucleare
Tempo di lettura: 3 minutiSono scattati i nuovi dazi contro la Cina annunciati da Trump, una bomba nucleare sui rapporti tra le due potenze. Il Dragone ha detto che reagirà, eppure i colloqui vanno avanti.
Un’escalation commerciale accompagnata da provocazioni militari nel Mar cinese meridionale rivendicato da Pechino: la Us Navy ha inviato due cacciatorpediniere nelle acque territoriali delle Isole Spratly, occupate da forze cinesi; e ieri, nelle acque contese, l’esercitazione navale congiunta di navi americane, giapponesi, filippine e indiane.
Trump non vuole solo soldi
La dimostrazione-provocazione militare si intreccia con la guerra commerciale e forse, in parte, la spiega.
Vero, Trump vuole contenere l’economia cinese. Ed è altrettanto vero che egli usa esercitare la massima pressione per chiudere un accordo più vantaggioso possibile.
Ma questa guerra si intreccia con la proposta del presidente Usa di aprire un tavolo di negoziati sul nucleare con Russia e Cina, espressa nel corso della recente conversazione telefonica con Putin.
La Cina ha detto di non essere interessata a partecipare a questa trattativa, che Trump considera cruciale, dato che, anche a livello simbolico, andrebbe a ridisegnare il nuovo ordine mondiale tripartito da lui agognato.
Un disegno che ha in mente fin dalla sua elezione e che, da buon commerciante, vuol portare a case per rivenderlo alle presidenziali del 2020.
il rifiuto cinese deve averlo infastidito non poco. Ed è probabile che l’escalation commerciale serva a costringere i cinesi a cambiare idea anche su questo.
Pechino è diffidente perché parte sfavorita: le altre due potenze hanno un potenziale atomico dal quale essa è ancora lontano.
Teme che il negoziato serva a frenare il suo sviluppo, fissando l’attuale sproporzione. E ciò mentre l’India, che gli Stati Uniti pretendono usare come rivale del Dragone in Asia, restando fuori dal trattato, potrà tranquillamente incrementare il suo potenziale atomico.
La Cina ha una lunga storia di trattati ineguali ai quali si è vista costretta dalle potenze occidentali, che ne hanno frenato lo sviluppo in loro favore. La diffidenza, dunque, è d’obbligo.
La guerra Cina-Usa e la vittima collaterale
Vedremo come andranno a finire i negoziati commerciali, che comunque continuano nonostante il bombardamento di Trump, che in una serie di tweet ha elogiato i benefici che i nuovi dazi procureranno all’America in danno della Cina.
Forse vero, forse no, dipenderà anche dalla reazione cinese. Quel che è certo è che questa guerra commerciale sta facendo una vittima collaterale, per restare nel linguaggio bellico, cioè l’Europa.
Secondo alcuni analisti interpellati da BusinessInsider lo scontro sino-americano sarebbe un teatrino per sbarazzarsi del Vecchio Continente, dato che i due giganti globali sono interdipendenti e non possono mordersi senza uccidersi a vicenda, mentre l’Europa ne risulta, dati alla mano, falcidiata.
Ma se è vero che la decrescita europea, in particolare della Germania, è nelle corde dell’amministrazione Usa, che vogliono ridimensionare il Vecchio Continente anche per riprenderne il controllo, non è altrettanto vero per la Cina, che guarda a Bruxelles per sviluppare la sua influenza globale. Così logorare l’Europa è anche parte della guerra di Washington a Pechino.
Proprio sulle importazioni del Vecchio Continente, le dichiarazioni dirompenti del ministro del Commercio Wilbur Ross, che ha spiegato come metà del deficit commerciale Usa derivi da merci cinesi, l’altra metà dall’importazione di automobili europee.
È una “questione di sicurezza nazionale“, ha detto Ross, invocando dazi. Una dichiarazione di guerra che ha come obiettivo principale, come scrive Bloomberg, la Volkswagen e la Bmw.
Il 7 maggio l’inopinato annullamento della visita a Berlino di Mike Pompeo, con una motivazione posticcia. Il conflitto incrudelirà dopo le elezioni europee. Berlino rischia di perdere l’ennesima guerra. Ci torneremo.