Salman chiede di bombardare lo Yemen. Trump rifiuta
Tempo di lettura: 3 minutiAllarme rosso per l’attacco missilistico alla Mecca, la città santa dell’Islam. L’Arabia Saudita afferma di aver intercettato un missile sparato dai ribelli Houti diretto contro la città. Un attacco inconcepibile, che alza al parossismo il livello dello scontro in Yemen.
I ribelli, in guerra contro la coalizione a guida saudita, negano ogni responsabilità. Peraltro, per loro sarebbe del tutto inconcepibile, dato che la Mecca è luogo santo di tutto l’Islam, anche di quello sciita, al quale fanno riferimento i membri di tale movimento.
Attacco alla Mecca e a Baghdad
L’attacco alla Mecca arriva il giorno successivo a un attacco portato alla Green zone di Baghdad, nel quale risiedono gli occidentali. Un colpo di mortaio sarebbe caduto nei pressi dell’ambasciata Usa.
In quest’ultimo caso i sospetti si sono appuntati sul ramo iracheno di Hezbollah, anche questo, in quanto filo-iraniano, oggetto di attenzione privilegiata da parte dell’esercito americano che si sta mobilitando contro Teheran.
Per fortuna, il colpo alla Green zone è partito da un sito non presidiato da Hezbollah, l’Università della capitale, per cui il sospetto è rimasto tale.
Ma il missile diretto alla Mecca è tutt’altro: è difficilmente dimostrabile chi l’ha lanciato e dove era effettivamente diretto, dato che gli Houti da tempo bersagliano il territorio saudita in risposta ai bombardamenti subiti.
La proposta indecente di re Salman
Qualcosa di sinistro sta accadendo. E forse per spiegarlo basta la nota di Debkafile (che ha fonti nell’intelligence israeliana), che spiega come Trump abbia “respinto una richiesta del re saudita Salman bin Abdulaziz di lanciare attacchi aerei statunitensi sugli yemeniti, in risposta all’attacco di alcuni droni dell’alleato di Teheran contro due stazioni petrolifere saudite avvenuto il 14 maggio”.
“Il re – continua Debka – ha sostenuto che Washington non può permettersi di continuare a non rispondere agli attacchi iraniani contro le infrastrutture petrolifere del Golfo, tra cui quattro petroliere al largo del porto Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti [vedi Piccolenote]. [Re Salman] ha proposto a Washington di punire Teheran colpendo i loro alleati yemeniti così da evitare di affrontare direttamente l’Iran”.
Strategia alquanto chiara: colpire i proxy iraniani, evitando così di innescare la Grande guerra, ché tale sarebbe un conflitto diretto con l’Iran. Resta che è un modo come un altro per iniziarla lo stesso, dato che l’escalation sarebbe quasi inevitabile.
Tanta confusione sotto il cielo
Colpisce la sequenza degli attacchi: quello alle navi al largo del porto yemenita avrebbe potuto portare a un intervento Usa. Trump ha rifiutato, così i procuratori di guerra, chiunque essi siano, hanno alzato il tiro. Da qui le provocazioni, ché tali sono, alla Green zone e alla Mecca.
Nubi tossiche sul Golfo, tanto che lo stesso Trump ha ammesso che l’Iran potrebbe essere “confuso” dai segnali di guerra che la sua stessa amministrazione sta inviando loro.
Un modo come un altro per far sapere che sta cercando di non innescare il conflitto, come dimostra la risposta alla catastrofica proposta di re Salman.
“Con tutte le notizie false e inventate”, ha twittato Trump, “l’Iran non può avere idea di cosa stia realmente accadendo”. Il pericolo che una tra le varie Fake news possa innescare il conflitto è alto.
Come avvenne per l’incidente del Tonchino, che diede inizio all’intervento Usa in Vietnam, o come le famose armi di distruzione di massa di Saddam per la guerra in Iraq.
Il bello, o brutto che sia, è che a propalare Fake news tanto irresponsabili quanto esplosive sono gli stessi media che hanno combattuto la battaglia contro le Fake news…