Cenni di disgelo sull'asse Iran - Arabia Saudita. Incerto, ma...
Tempo di lettura: 3 minutiL’Arabia Saudita apre al dialogo con l’Iran. Quella che ieri era indiscrezione oggi è qualcosa di più.
A confermare il possibile disgelo, ieri annunciato dal portavoce del governo iraniano Ali Rabiei – secondo il quale i sauditi avrebbero inviato messaggi distensivi tramite Paesi terzi – è lo speaker del Parlamento di Teheran, Alì Larijani, che ha salutato con favore l’intervista alla Cbs di Mohamed bin Salman, nella quale il principe ereditario saudita auspicava una soluzione politica alla criticità tra i due Paesi.
“Diamo il benvenuto a Mohammed bin Salman che afferma di voler risolvere i problemi attraverso colloqui con Teheran”, ha dichiarato Larijani in un’intervista ad al Jazeera.
Secondo Debkafile, a convincere bin Salman a questo passo sarebbero stati Trump e il Segretario di Stato Mike Pompeo.
Non solo, il sito israeliano aggiunge che nonostante il presidente Trump non sia riuscito a incontrare il presidente iraniano Hassan Rouhani al vertice dell’Onu di New York, i contatti tra Washington e Teheran proseguono, anche se un incontro tra i due resta aleatorio.
L’Agenzia stampa al Manar, vicina a Hezbollah, fornisce un’altra ricostruzione degli avvenimenti.
Nel suo recente incontro con il Segretario di Stato Usa Mike Pompeo, bin Salman avrebbe “affermato che mentre concordava con gli Stati Uniti sugli attacchi con i droni del 14 settembre rivendicati dai combattenti di Ansarullah [l’attacco alla Compagnia petrolifera saudita Aramco, per gli Usa opera di Teheran, ndr.], Riyad però non si sarebbe precipitata in una guerra contro l’Iran; che comporterebbe il collasso dell’economia mondiale”.
“Bin Salman”, aggiunge al Manar, “è arrivato al punto di chiedere al presidente degli Stati Uniti Donald Trump di incontrare il suo omologo iraniano Hassan Rouhani per trovare un nuovo accordo sul programma nucleare di Teheran e sulle attività regionali” delle milizie sciite, considerate dagli Usa un pericolo per il Medio oriente.
Due versioni, ma la sostanza non cambia. Aria di disgelo, dunque, anche se resta l’incertezza, data la complessità della crisi e le tante difficoltà che incontra tale sviluppo.
Tra queste, la percezione di tanti in Israele, riferita anche da Debka, che un nuovo accordo con l’Iran lascerebbe Tel Aviv sola ad affrontare il pericolo iraniano.
Serve dare rassicurazioni reali a Israele, dato che al di là delle controversie riguardo i suoi timori, se siano reali o solo percepiti, il passaggio è inevitabile.
Difficile, ma non quanto sembra. Sul punto, infatti, rimandiamo a un articolo di Haaretz del 2017, quando il governo israeliano spingeva perché Trump revocasse l’accordo sul nucleare iraniano: «La posizione di Netanyahu e Lieberman – scriveva il quotidiano israeliano – è in contrasto con la maggior parte degli esperti israeliani dell’Intelligence Militare e della Direzione Pianificazione dell’IDF [le Forze di Dfesa israeliana, ndr.], del Mossad, del Ministero degli Esteri e del Comitato per l’Energia Atomica».
Tutti questi soggetti, infatti, secondo quanto riportato da Haaretz, assicuravano che l’accordo nucleare stava garantendo Israele.
Ma questo è il passato. Oggi tanta è l’incertezza, che riguarda anche le possibilità di manovra di Trump e di Bin Salman.
Il presidente americano, nella tempesta dell’impeachement, avrà poco agio a muoversi per trovare un’intesa con Teheran, come anche a incontrare Rouhani.
Lo stesso Bin Salman sembra preso nella tempesta. In questi giorni, forse non a caso, è riemersa, dopo tanto oblio, l’oscura vicenda dell’omicidio Khashoggi, il giornalista americano ucciso secondo tanti su suo mandato.
L’esposizione mediatica costringe il principe sulla difensiva, esponendolo a pressioni esterne. Peraltro va considerato che se bin Salman si sfilasse dalla coalizione anti-iranana, questa evaporerebbe. Quanti spingono per una guerra contro l’Iran, e sono tanti e potenti, non lo permetteranno facilmente.
Di oggi la visita a Riad del Capo del comando centrale delle forze navali statunitensi in Medio Oriente, presumibilmente per migliorare le difese del Regno, che si sono rivelate alquanto vulnerabili durante l’attacco all’Aramco. È latore di qualche messaggio al principe? Domanda senza risposta, ovviamente.
Del nucleare iraniano, invece, e della crisi conseguente, hanno parlato Rouhani e Putin nel corso in un incontro a Erevan, capitale dell’Armenia.
Alla vigilia dell’Assemblea plenaria dell’Onu, Rouhani aveva dichiarato la sua disponibilità ad accogliere “piccoli cambiamenti” all’accordo sul nucleare siglato a suo tempo con Obama.
È questa la chiave per il “Trump deal” augurato dal premier britannico Boris Johnson al presidente americano per chiudere la crisi iraniana.
Tanta incertezza, ma anche segnali che aprono prospettive. Vedremo.