Il movimento anti-razzista e la politicizzazione della Sanità
Tempo di lettura: 3 minutiLe manifestazioni di piazza contro Trump non diffondono il coronavirus, mentre quelle a favore sì. Questo lo strano verdetto di oltre 1300 eminenti epidemiologi della Sanità americana, che avevano raccomandato il lockdown e criticato aspramente le manifestazioni di piazza per chiedere la riapertura delle imprese e degli uffici e che, però, “il 30 maggio hanno firmato una lettera di sostegno [alle manifestazioni anti-razziste, ndr.] molti dei quali si sono uniti alle proteste”.
La politicizzazione della scienza
Quanto riportiamo è stato pubblicato dal New York Times di ieri, in un articolo in cui descrive l’imbarazzo degli esperti della salute pubblica americana di fronte a questa palese contraddizione, che pure hanno cercato di spiegare in qualche modo, arrampicandosi sugli specchi.
Non soccorre, nel caso specifico, ricorrere a un’attenuazione della diffusione del virus, dato che anzi da giorni, in parallelo cronologico con le manifestazioni di massa, sta dilagando. Coincidenza temporale però ignorata dai media, forse perché getterebbe dubbi su un fenomeno utile a rimuovere, oltre che alcune statue, anche Trump.
“Il modo in cui la narrativa della salute pubblica riguardo il coronavirus si è invertito nel corso di una notte sembra qualcosa di molto simile a… politicizzare la scienza”, ha scritto il saggista e giornalista Thomas Chatterton Williams sul Guardian (cenno riportato sul NYT).
Eppure è stato proprio così. Tanti gli articoli e i servizi televisivi che hanno affermato che le proteste anti-razziste non avrebbero comportato rischi per la diffusione del coronavirus (ad esempio anche il Guardian, in un articolo dal titolo: “Perché le proteste non sono così pericolose per la diffusione del coronavirus come potresti pensare“).
E ciò, nonostante il fatto che, secondo i sondaggi, abbiano partecipato alle manifestazioni di piazza anti-razziste dai 15 ai 26 milioni di americani (NYT).
Dato che la contraddizione è insanabile, l’ipotesi che ci sia stata una politicizzazione della salute pubblica, per usare l’espressione di Thomas Chatterton Williams. appare alquanto fondata.
La rilettura psichiatrica della storia
Riguardo alle proteste anti-razziste, peraltro, si potrebbe aggiungere che, oltre a richieste condivisibili, seppur strumentali, agli schiavisti di oggi e del futuro – quelli che riprenderanno saldamente in mano il potere dopo la rimozione di Trump -, va notato che l’esercizio della rimozione dei monumenti, effettuato in modo alquanto drastico, ha in sé un qualche aspetto psichiatrico.
La Sirenetta indicata come “razzista“, come anche la condanna ex post di “Via col Vento”, l’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo… c’è qualcosa di insano in tutto ciò.
Se si sta in tale ottica rigorista riguardo ai personaggi storici, e allargando l’orizzonte, occorrerebbe rimuovere il 99% delle statue erette nel mondo, come ad esempio quelle in gloria della regina Vittoria, sotto il cui regno il settore industriale britannico impiegò milioni di bambini.
Né a simile sorte sfuggirebbero il Colosseo o le Piramidi d’Egitto, monumenti eretti grazie al lavoro di decine di migliaia di schiavi.
In realtà, una rilettura della storia, pur lodevole nelle intenzioni, dovrebbe evitare certe derive psichiatriche. Colpisce, peraltro, anche l’atteggiamento dei tanti media che sostengono a vario titolo il movimento attuale: certe blandizie manifeste, le omissioni intenzionali degli eccessi del movimento, rischiano di generare mostri.
Infine, sarà interessante osservare come gli schiavisti della Tecnofinanza, che oggi usano il movimento come un maglio, lo perseguiranno in futuro, dando soddisfazione di facciata alle sue richieste più vacue e svuotandolo del suo momento rivoluzionario (per stare alla definizione di George Soros, che, prima ancora della morte di George Floyd, aveva parlato di un “momento rivoluzionario” globale). Vedremo.
Ps. Abbattuta anche la statua di Frederick Douglass a Rochester, New York, figura eminente della lotta contro la discriminazione degli afroamericani, che ebbe anche a candidarsi alla vice-presidenza degli Stati Uniti… afroamericano anch’egli, il suo monumento è stato vandalizzato il 5 luglio, anniversario del suo più celebre discorso contro il razzismo.
A rischio anche il memoriale di Abraham Lincoln, che la schiavitù l’abolì, tanto che si è dovuti ricorrere alla protezione della Guardia nazionale. A dimostrazione che a voler riscrivere la storia non sono eminenti storici, ma altri e più inquietanti revisionisti.