Afghanistan: cessate il fuoco col morto
Tempo di lettura: 3 minutiC’è una chance per porre fine alla presenza americana in Afghanistan e quindi per sperare in una seppur approssimativa stabilizzazione del Paese. Una finestra d’opportunità, poco più, ma da seguire.
Da ieri i talebani stanno osservando un cessate il fuoco, dando un segnale importante alle aperture di Washington, che da tempo è impegnata in una faticosa trattativa con essi.
Trump vuole ritirare le truppe. Ma le forze ostative sono tante, e ciò nonostante l’inchiesta interna del governo degli Stati Uniti che ha messo in evidenza l’assoluta inutilità di questa guerra. Un’inchiesta rivelata dal Washington Post, ma subito obliata.
Un oblio dovuto a due cause. Anzitutto perché non si vuole concedere a Trump la possibilità di rivendersi politicamente tale successo in vista delle presidenziali (egli ha promesso che avrebbe posto fine alle guerre infinite e la chiusura dell’intervento afghano sarebbe un segnale alto in tal senso).
Inoltre perché sarebbe un segnale reale sul fatto che l’America può tornare indietro, ponendo fine alla politica aggressiva del post 11 settembre. Peraltro, l’Afghanistan è altamente simbolico in tal senso, dato che fu la prima delle guerre infinite.
Gli alleati di Trump
Trump ha trovato alleati sul campo. La Russia anzitutto, che da tempo tenta di stabilizzare il Paese confinante nel timore che il caos tracimi nei suoi confini.
Per questo Mosca aiutò Ahmad Massoud, il leggendario leone del Panshir, che, attestato sui confini settentrionali dell’Afghanistan, impedì per anni alla follia jihadista di debordare in Russia (1).
Figura ignota ai più, ma importantissima per il ruolo che il destino gli aveva assegnato, il suo assassinio segnò l’inizio di una follia nuova. Fu ucciso infatti, il 9 settembre del 2001, due giorni dopo fu l’attentato alle Torri Gemelle e al Pentagono.
L’intervento diretto degli Usa nel Paese iniziò poco dopo, e ancora dura, sommando follia a follia, come dimostra l’inchiesta interna del governo Usa.
Trump ha appunto trovato l’appoggio russo nella sua opera di dismissione. Ma l’asse con Mosca è stato attentato da una rivelazione del New York Times: un dossier anonimo pubblicato un mese fa riferiva di asserite taglie che i russi avrebbero pagato ai talebani per gli scalpi dei soldati Usa.
Ciarpame da film Western di serie B, che, nonostante la smentita del Pentagono, continua ad avvelenare i pozzi del dialogo Trump-Putin.
Non solo la Russia, anche l’Iran sta lavorando per un accordo tra talebani e governo afghano, trovando impossibili convergenze parallele con Washington (Tansim agency).
Così la Cina, nonostante le divergenze acute con gli Usa. Ciò perché tutti i Paesi asiatici sperano nella stabilizzazione del Paese, per porre fine alla follia jihadista (il terrorismo afghano è penetrato anche in Cina, dilagando nella provincia islamica dello Xinjiang).
Afghanistan: l’Isis e le Sas
Ma c’è chi non vuol mollare la presa. E si ritrova insoliti e scomodi alleati. Come l’Isis afghano, puntuale nel compiere attentati che danno agio a quanti affermano che gli Usa devono continuare la loro missione anti-terrorismo in quel Paese.
È avvenuto anche stavolta: allo scoccare del cessate il fuoco annunciato dai talebani, l’Isis ha attaccato una prigione nei pressi di Jalalabad (liberare detenuti è parte della strategia di reclutamento dell’Agenzia del Terrore).
L’attacco ha fatto fuggire molti prigionieri, ma la sicurezza afghana ha ucciso Asadullah Orakzai, capo dell’intelligence dell’Isis afghano.
Un duro colpo all’Agenzia, che certo la sicurezza afghana non poteva assestare senza ausilio esterno (leggi Usa o Russia o ambedue). Particolare che indica la determinazione di quanti stanno lavorando per stabilizzare il Paese.
In questi giorni le rivelazioni del Daily Mail sulle nefaste azioni delle Sas, le teste di cuoio britanniche, in Afghanistan (Londra ha svolto un ruolo non secondario in questa guerra): secondo un’inchiesta interna all’esercito di Sua Maestà avrebbero ucciso 33 civili senza alcuna ragione.
Solo la punta dell’iceberg degli orrori compiuti dalle truppe d’Occidente in questa guerra, che una testimonianza riferita nell’inchiesta spiega meglio di tante parole: “Un alto comandante ha sentito dire dagli uomini [delle Sas, ndr.] che all’interno delle Sas sembrava vigere una politica che individuava ‘in tutti i maschi adulti dei nemici… anche quando questi non rappresentavano una minaccia’”.
Si spera che tutto ciò finisca prima possibile.
(1) Ad aiutare Massoud l’India, col tacito accordo russo, dato che gli aiuti passavano per il Tagikistan, legato a Mosca (sui rapporti tra Massoud e Mosca, vedi anche le rivelazioni del generale Gramov), ma anche l’Iran, tramite un altra figura che sarebbe divenuta leggendaria nel mondo arabo, il generale Qassem Soleimani (The Diplomat), ucciso improvvidamente dagli Usa.
Di interesse la ricostruzione del’ambasciatore indiano in Tajikistan, l’uomo incaricato da New Delhi di aiutare Massoud. A lui il leone del Panshir confidò: “Il problema in Afghanistan – più dei talebani – è la presenza di forze straniere. Quindi sto anche combattendo queste forze che sono alleate dei talebani”. Il riferimento era a Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti (sul punto vedi anche Hashmat Moslih su al Jazeera). Ricostruzione storica che riteniamo aiuti a capire la complessità di quanto sta accedendo in Afghanistan e di come fili segreti uniscano la storia e i destini dei singoli.