Kìssinger, la Cina e l'Anima mundi di Pompeo
Tempo di lettura: 4 minutiI leader della Cina e degli Stati Uniti “devono dialogare sui limiti oltre i quali non spingere le minacce”, ha dichiarato Henry Kissinger in un forum dell’Economic club di New York, aggiungendo che dovrebbero “trovare un modo per rendere tale situazione duratura nel tempo”.
L’esortazione dell’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa nasce dai rischi posti dalle crescenti tensioni tra Usa e Cina. Ritenere che un accordo del genere sia “del tutto impossibile”, cioè evitare il dialogo, ha aggiunto, porterà il mondo “a una situazione simile alla prima guerra mondiale”.
E ha concluso spiegando che Gli Stati Uniti hanno bisogno di “un nuovo modo di pensare”. Devono cioè capire che il mondo è troppo complesso perché un paese “raggiunga una superiorità unilaterale, sia nella strategia che nell’economia, tale che nessuno sia in grado di minacciarlo”, riferimento esplicito all’unilateralismo americano.
Kissinger e Trump
Kissinger ha così criticato la politica condotta dagli Stati Uniti, in particolare dal suo Segretario di Stato Mike Pompeo (1), che però non cambierebbe se le prossime elezioni fossero appannaggio di Biden, dato che sulla Cina si è mostrato altrettanto duro.
Certo Trump sta spingendo anch’esso in tale direzione, ma sappiamo, come da critiche dei suoi avversari, che spesso egli abbaia ma non morde, e ai toni accesi accompagna un pragmatismo di fondo che ha evitato diversi disastri nei tormentati anni della sua presidenza.
Peraltro, la prossimità di Kissinger a Trump, pur se tacita, è conclamata. E certo l’inquilino della Casa Bianca avrà ascoltato con la dovuta attenzione le sue parole.
Inoltre va notato che l’impronta isolazionista di Trump va nella direzione indicata da Kissinger, dato che, pur non rinunciando a un primato Usa (l’America First), rigetta la pretesa di farne il gendarme del mondo, idea sottesa all’unilateralismo.
Da qui l’odio verso il presidente di tanti ambiti americani, che puntano su Biden, meglio sulla sua vice Kamala Harris (che potrebbe sostituirlo, se eletto, anche prima della scadenza del mandato), per rilanciare la loro devastante aggressività globale (il fatto che più volte Trump abbia definito la Harris un “mostro” va letto in tale prospettiva).
Significativo, nelle parole di Kissinger, il riferimento alla Prima guerra mondiale. Non la Seconda, nata dalla follia nazista, ma la guerra che nessuno voleva, se non pochi e potenti ambiti internazionali, scaturita da un incidente di percorso, cioè l’attentato di Sarajevo.
Per questo Kissinger suggerisce di porre un limite alle minacce e chiede un accordo che demarchi delle linee rosse chiare ai due contendenti globali. Perché il rischio di incidenti è altissimo, né sono sufficienti a evitarli i soli canali militari, pure esistenti.
Il Global Times, ad esempio, annota che in alcuni momenti di tensione tali canali sono stati sospesi; e riferisce le dichiarazioni allarmanti dell’analista politico Li Haidong, secondo il quale “l’elemento più incerto è la politica interna degli Stati Uniti. Alcuni politici e gruppi estremi e ambiziosi hanno esortato le forze armate statunitensi ad agire per creare una crisi per spostare l’attenzione interna”. Fonte di parte, certo, ma la storia degli Stati Uniti non rassicura sul tema.
Pompeo e l’anima mundi
Nella controversia, c’è da registrare l’impegno profuso da Mike Pompeo per creare un’alleanza globale contro la Cina.
Dopo aver tentato di arruolare l’Europa, con esiti non del tutto conformi ai desideri, si è recato in Oriente per tentare di dare al Quad – l’alleanza tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti -, una connotazione decisamente militare.
Ma, annota il Washington Post, “gli esperti hanno detto che è improbabile che l’alleanza si sviluppi in una versione asiatica della Nato”.
Nel tentativo di convincere i riluttanti alleati, Pompeo ha affermato: “Questa non è una rivalità tra gli Stati Uniti e la Cina, è per l’anima del mondo“.
Un delirio mistico-esoterico che l’ha portato a immaginare di poter reclutare in tale crociata anche la Chiesa, opzione respinta al mittente da papa Francesco.
C’è querelle, nella Chiesa, sul rapporto con la Cina, ma al di là di essa, l’idea di una Santa Alleanza contro il comunismo, oggi Pechino allora l’Urss, fu respinta anche da Pio XII, non proprio un fan di Marx.
“Quelli che a torto considerano la Chiesa quasi come una qualsiasi potenza terrena, come una sorta d’impero mondiale, sono facilmente indotti ad esigere anche da essa, come dagli altri, la rinunzia alla neutralità, la opzione definitiva in favore dell’una o dell’altra parte. Tuttavia non può per la Chiesa trattarsi di rinunziare ad una neutralità politica per la semplice ragione che essa non può mettersi al servizio di interessi puramente politici”.
Così papa Pacelli nel Ragiomessaggio natalizio del 1951 in cui criticava ambedue le parti, non solo l’Impero comunista, ma anche quell’ambito che “ama chiamarsi con enfasi «il mondo libero»”.
Peraltro si possono ricordare le più recenti visite di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a Cuba, che hanno messo in evidenza l’alterità degli interessi della Chiesa rispetto a quelli della geopolitica Usa. L’anima mundi di Pompeo può attendere.
(1) Trump ha criticato Pompeo reo di non assecondare la sua campagna elettorale… cenno che mette in evidenza come il feeling tra i due sia più formale che sostanziale.