USA: il Covid oscura la campagna elettorale di Trump
Tempo di lettura: 4 minutiLa lotta per la Casa Bianca incrudelisce in attesa dell’ultimo, importante, dibattito televisivo. Biden è sempre in testa nei sondaggi, ma resta l’incognita sorpresa, quella che nel 2016 fece vincere Trump contro tutti i pronostici.
Lo sanno bene i democratici, che per questo vigilano, sostenuti dai media mainstream e dai gestori dei social, più o meno tutti a favore di Biden.
La campagna elettorale, le e-mail della Clinton e le rivoluzioni colorate
La campagna di Trump si affida alle rivelazioni bomba, ripetendo lo scenario del 2016. Per questo il presidente ha de-classificato tutti i documenti del Russiagate, che provano non solo che l’inchiesta fu creata in base a un dossier falso e politicamente orientato (a distruggere Trump), ma anche che l’idea di sollevare quel polverone nacque all’interno dello staff di HIllary Clinton.
Doveva servire a distrarre l’opinione pubblica dallo scandalo delle e-mail della stessa, quelle che Wikileaks aveva hackerato e pubblicato sul web, mettendola in seria difficoltà (InsideOver).
Non solo, Trump ha de-classificato anche le e-mail trovate nel computer personale della Clinton, che si era servita del suo portatile e non del server del Dipartimento di Stato in violazione delle norme del dicastero che presiedeva.
Tali e-mail provano gli stretti rapporti tra la Clinton e i Fratelli musulmani al tempo della cosiddetta “Primavera araba”, che di quella stagione di sangue furono protagonisti (InsideOver).
Una documentazione in mano al Segretario di Stato Mike Pompeo, che però era restio a renderla pubblica. Ciò perché Mike non era e non è organico a Trump.
Lo denota il fatto che, mentre il presidente duellava con i suoi antagonisti, egli girava il mondo per costruire la sua rete globale contro la Cina, evitando così di dare il suo apporto alla campagna elettorale e mettendo in evidenza, col suo lavorio diplomatico, la sua sintonia con l’ambito neocon, che vincerà anche, e soprattutto, se Trump perde.
Ma la sua reticenza sulle e-mail della Clinton nasceva anche dalle pressioni degli apparati della Sicurezza, perché esse documentano l’ovvio ma taciuto, cioè come il Dipartimento di Stato alimenti rivoluzioni per spazzar via governi considerati non organici a Washington.
Allora l’Egitto e la Libia, prima l’Ucraina, oggi Hong Kong e Bielorussia… Ma al di là, le e-mail sono poi state pubblicate, dopo una lamentela pubblica di Trump su Mike.
Caccia a Hunter
L’altro scandalo che agita la campagna elettorale è quello legato a Hunter Biden, figlio del più noto Joe. Il ragazzo sedeva, ben retribuito, nel consiglio di amministrazione della società ucraina Burisma, ruolo che gli era stato conferito dopo la rivoluzione di Piazza Maidan (altra rivoluzione colorata, appunto) per ingraziarsi il potente papà, che si è anche vantato di aver tirato fuori da guai giudiziari il rampollo usando del suo potere di vice-presidente Usa (The Hill).
E però Joe si è sempre detto estraneo agli affari del figlio. Ma alcune e-mail rinvenute nella memoria del computer di Hunter sembrano indicare il contrario.
A quanto pare, il ragazzo aveva portato il suo computer a riparare e non lo aveva più ripreso. Il negoziante, avendo cercato invano di ricontattarlo, aveva pensato bene di farne dono all’Fbi, non prima però di averne copiato la memoria.
Peripezia un po’ astrusa, che sembra nascondere qualche manovra dei servizi segreti, ma così è stata raccontata. Al di là del particolare, il contenuto è una bomba.
I democratici ne negano l’autenticità, ma i repubblicani assicurano di avere le prove del contrario. Lo scoop sul portatile di Hinter, pubblicato dal New York Post, è stato completamente oscurato da Facebook e Twitter.
Le Big Tech in campo
Una censura che, dopo le inevitabili proteste, ha virato verso modalità più soft, la sua pubblicazione accompagnata dal bollino che segnala un contenuto non veritiero, marchio di infamia usato spesso in questa campagna e solo contro i repubblicani.
Sulla faziosità delle Big Tech in queste elezioni, e sui pericoli che pone tale deriva, ne scriviamo in altra nota (cliccare qui), accennando in questa sede solo al fatto che, oltre a Fb e Twitter, sembra che anche Google stia dando maggior rilievo a contenuti favorevoli ai democratici deprimendo quelli favorevoli ai loro antagonisti, così almeno ha affermato un presunto tecnico di Google, aggiungendo che Google sta “giocando a fare Dio“.
Vero o non vero che sia, la rivelazione è comunque in linea con quanto sta avvenendo sui media Usa, tutti a favore dei democratici. Per questo tali media hanno minimizzato e derubricato a boutade o veleni le rivelazioni sul Russiagate (che pure ha tutte le caratteristiche di un colpo di Stato), quelle riguardanti le e-mail della Clinton, etc.
Per fare solo un esempio, basta il titolo dell’articolo di Michelle Goldberg sul New York Times: “La campagna di Trump è ancora in combutta con la Russia?”. Come se le rivelazioni del Russiagate, pure frutto di un’inchiesta che ha visto testimoniare i vertici dell’intelligence Usa e si è avvalsa di documenti dell’Fbi, non ci siano mai state…
Insomma, tali rivelazioni (e altre future) sembrano avere un impatto limitato sulla campagna elettorale, dominata dai disastri che sta provocando il coronavirus sulla salute pubblica e sull’economia. Tema che gioca a sfavore di Trump, accusato dai suoi antagonisti di aver avuto un approccio errato alla criticità. Vedremo.