29 Ottobre 2020

Il discorso di Macron, luci e ombre

Il discorso di Macron, luci e ombre
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Il discorso di Emmanuel Macron alla conferenza stampa del 1º ottobre ha un qualche valore storico, o almeno questo è stato l’intento del presidente francese, che ha voluto dare solennità all’intervento.

Discorso solenne, dunque, che seguiva la pubblicazione delle vignette di Charlie Hebdo sul profeta Maometto, che tanto hanno indignato il mondo islamico. Parole ispirate sulla laicità francese e sull’inaccettabilità del radicalismo islamico in tutte le sue forme, alle quali ha di fatto dichiarato guerra in patria, dando mandato di chiudere moschee e istituti che ad esso fanno riferimento.

Parole anche intelligenti, perché ha precisato che c’è un islam tradizionale,  storico, che nulla ha a che vedere con certe forme attuali, che lo hanno “re-inventato” e così snaturato, cosa peraltro vera.

Ciò ha provocato una crisi dell’islam, non solo per la frattura conflittuale tra nuovo e antico, che pur persiste, ma anche per la radicalità e l’estremismo che caratterizza i nuovi ambiti islamici, peraltro diversi e in contrasto tra loro.

Da cui una “crisi dell’islam”, secondo Macron, che vede divisioni e conflittualità, interne ed esterne, prima ignote, a causa del radicalismo che caratterizza il nuovo islam, identificato nei “Fratelli musulmani, salafismo e wahabismo”.

E, insieme, ha rigettato quello che ha definito “separatismo islamico”, che vede i fedeli seguire i dettami di un’ideologia – così nel testo e non religione – imposta dall’estero ai cittadini francesi, in contrasto con le leggi e i valori della Francia.

Macron già viveva uno scontro aperto contro la Turchia, cui fanno riferimento i Fratelli musulmani, con la Francia intervenuta a contrastare apertamente Erdogan nelle sue mire in Libia e a Cipro, a tutela dell’influenza francese del Mediterraneo, e perfino nel Caucaso, dove Parigi si è schierata con l’Armenia, per la prossimità storica con quel popolo, contro l’Azerbaijan alleato di Ankara.

A tale scontro ha voluto dare un afflato ideologico, che va così ad aggiungersi ai contrasti geopolitici.

Non solo la Turchia, dato che il rigetto del radicalismo wahabita e del suo derivato salafita, che ha innervato la jihad islamica dilagata nel mondo arabo in aperta commistione con le fazioni terroriste, lo mette in urto anche con l’Arabia saudita e i suoi satelliti.

Macron, nello specifico, ha parlato a nome della Francia, che per sua bocca rivendica la storica grandeur e l’influenza nel Mediterraneo e nella France Afrique, e che reputa di riprendersi l’influenza perduta rivendicando il ruolo di punto di riferimento e protettore di quell’islam sunnita mediterraneo-africano alieno o quantomeno lontano da Riad, un islamismo sfidato ed eroso dal nuovo radicalismo.

Inoltre, va registrata l’assenza di una critica specifica allo sciismo, il Male assoluto nella rappresentazione di Washington (e non solo). Un’omissione che sembra dipendere anche dal nuovo ruolo di protettore del Libano, che Macron ha rivendicato dopo la tragica esplosione del porto di Beirut.

Nel Libano, infatti, è forte la presenza sciita grazie al ruolo di Hezbollah, legato a doppio filo con l’Iran, punto di riferimento dello sciismo. Proprio all’Iran Macron ha tentato di tendere una mano, chiedendogli di contribuire alla ricostruzione del Paese devastato dalla crisi e dall’esplosione.

Tentativo, peraltro, quello di agganciare Teheran, che dura da tempo, ma che incontra la diffidenza dell’interlocutore, non solo perché le autorità iraniane reputano che a tali sporadiche aperture siano sottese mire colonialiste, ma anche per le troppe ambiguità di Parigi in rapporto alla politica mediorientale dei suoi irriducibili antagonisti di Washington e Tel Aviv.

Discorso storico, dunque, teso a rilanciare la grandeur parigina. E che però tale grandeur ha reso improvvido. Se certo la reazione di Erdogan era attesa, non poteva certo aspettarsi che fosse accolto con favore dal mondo sunnita legato a Riad.

Non solo, molte controversie ha acceso la condanna del “separatismo islamico”, come ha definito la dinamica che vede cittadini francesi obbedire e dare più importanza ai dettami e alle autorità religiose che fanno riferimento ad Ankara e Riad piuttosto che alle leggi francesi e ai valori propri della laicità.

Infatti, a molti analisti musulmani è parsa una censura a una religione che ha respiro universale come l’islam, che se certo può essere obbediente alle leggi francesi non può conformarsi ai valori della sua laicità (vale lo stesso per altre religioni…).

Non solo, affatto irritante, e gratuitamente irritante, è risultato l’elogio della “libertà di bestemmia” fatto nel corso del discorso per chiudere, dal suo punto di vista, la polemica innescata dalla ripubblicazione delle vignette offensive di Maometto da parte del mensile Charlie Hebdo, iniziativa inopportuna che ha fatto infuriare l’intero mondo islamico, quello moderato quanto quello radicale. Uno scivolone che poteva evitare.

Con quel discorso Macron si è attirato l’ira di tutto il mondo islamico, che poteva evitare con una modulazione più intelligente. Risalire la china sarà difficile.

 

Ps. Sull’attentato di Nizza, che ha sconvolto il mondo, scriviamo altrove.