Perché vaccinare chi ha già gli anticorpi?
Tempo di lettura: 3 minutiIn Italia hanno o hanno già avuto il COVID-19 3,4ml di persone. Non è difficile ipotizzare che a questo dato vadano aggiunti almeno altrettanti che sono stati contagiati senza accorgersene. Quindi non è difficile immaginare che più del 10% degli italiani siano stati affetti dal virus.
Il dato non è di poco conto e forse andrebbe tenuto in maggiore considerazione nel pianificare la campagna vaccinale. Certo, non tutti i contagiati hanno ancora anticorpi, ma tanti di loro potrebbero ancora averli.
E tali anticorpi sono efficaci almeno quanto quelli inoculati tramite vaccino, se non più. Così forse una verifica previa per chi va a vaccinarsi sarebbe utile, magari si scoprirebbe che tanti dei contagiati non necessitano di essere “siringati”.
Se si escludono questi, che magari potrebbero essere vaccinati più in là, la vaccinazione delle persone a rischio potrebbe procedere, ovviamente, con più celerità.
Andrebbe, peraltro, sciolta la riserva: se cioè anche in assenza di anticorpi, nella persona che abbia contratto il Covid-19 resta una memoria tale che, se ri-contagiato, sviluppa anticorpi.
Pare sia così, dato che non si ha notizia di contagiati che hanno contratto nuovamente il virus, cioè se ne ha notizia come di casi più che singolari e che, peraltro, non presentano particolari problemi in tali ricadute (anche qui con singolari eccezioni, dovute forse a patologie sviluppate nel frattempo).
Non entriamo nel merito perché sul punto c’è controversia, altro caso in cui la scienza medica, più che aiutare, confonde (almeno parte di essa, ché sono tanti i ricercatori e i medici che hanno dimostrato dedizione e affidabilità). Eppure il rovello, tanto importante, non dovrebbe avere una risoluzione tanto complessa e non è certo di poco conto. Andrebbe affrontato con urgenza. Ma magari semplifichiamo troppo, e chiudiamo la questione.
Aggiungiamo a ciò un altro dato che comincia ad emergere. Alcuni ricercatori iniziano a domandarsi se possa essere pericoloso somministrare il vaccino a chi ha già gli anticorpi (vedi ANSA e DIRE), dato che ne avrebbero così un surplus sul quale al momento non abbiamo alcuna certezza.
Più di qualcuno si sta ponendo tale problema e si inizia a suggerire, nel caso, la somministrazione della sola prima dose. A sostenere questa posizione è, ad esempio, il professor Galli, primario del Dipartimento di malattie infettive del Sacco di Milano, che in un’intervista a La7, ha dichiarato : “Stiamo scrivendo la premessa di una memoria perché non vengano inutilmente vaccinati i guariti”.
Ovviamente porre come condizione per la vaccinazione la verifica della situazione anticorpale di ciascuno può comportare complicazioni logistiche. Tuttavia, se si trovasse una modalità operativa per procedere in tal senso si potrebbe imprimere un’accelerazione importante alla campagna. In particolare, si andrebbe prima a chiudere la finestra di rischio legata alla vaccinazione delle persone più fragili.
Semplice buon senso, quel che è mancato del tutto durante questa pandemia. Infine, l’obliterazione della problematica collegata alla situazione anticorpale, fa sorgere qualche sospetto, dato che, come ormai è evidente a tutti, c’è il marcio in Danimarca.
Siamo vittime di una vera e propria guerra dei vaccini, sulla quale torneremo a breve. Non solo divampata contro quelli russi e cinesi, ma anche contro quello prodotto da Astrazeneca (spesso definito anglo-svedese, quando a svilupparlo è stata l’Italia in collaborazione con Oxford, ma tant’é).
Dato la guerra in corso, non vorremmo che l’idea di vaccinare anche quanti hanno già gli anticorpi sia legata più a logiche commerciali (dato che parliamo, nel caso, di escludere milioni di persone in Occidente, l’equivalente di miliardi di euro) che a reali esigenze sanitarie.
Non che tutti quelli che sostengono tale tesi siano collusi con Big Pharma – siamo coscienti della buona fede di tanti -, ma non escludiamo spinte di tale ambito per procedere in una direzione errata, ma remunerativa per i loro dirigenti. Come si è visto in varie circostanze, Big Pharma, in combinato disposto con l’ambito diplomatico Usa (e non solo), sa essere molto convincente.