13 Maggio 2021

Hamas propone una tregua, Netanyahu rifiuta

Hamas propone una tregua, Netanyahu rifiuta
Tempo di lettura: 3 minuti

“Un alto funzionario di Hamas mercoledì ha detto che l’organizzazione terroristica è pronta a porre fine agli attuali intensi combattimenti con Israele, riferisce un comunicato il ministero degli Esteri russo. Il vice presidente dell’ufficio politico di Hamas Moussa Abu Marzouk ha avanzato la proposta nel corso di una conversazione telefonica con il vice ministro degli esteri russo Mikhail Bogdanov, incaricato per il Medio Oriente”. Inizia così un articolo di Times of Israel.

Ynet riferisce che il “Primo Ministro [Netanyahu] ha informato il Consiglio di Sicurezza di aver rifiutato la proposta di cessate il fuoco su ‘base reciproca’ avanzata attraverso la Russia; un membro del Consiglio ha detto che la campagna è ‘tutt’altro che finita’”.

Seconda proposta di un cessate il fuoco rifiutata da Israele, dopo quella avanzata tramite l’Egitto. L’operazione Gaza è destinata ad andare avanti. Ad oggi nella Striscia si contano 83 vittime, mentre sono 6 i morti israeliani. Tragica conta destinata ad aumentare.

Apparentemente tutti in Israele sostengono la necessità di infliggere colpi al nemico, un’unità ovvia in tempi di guerra, e sulla quale contava Netanyahu quando ha iniziato le operazioni militari in risposta ai lanci di razzi su Gerusalemme, causati a loro volta dall’attacco della polizia contro i palestinesi che difendevano la moschea di al Aqsa.

Hamas propone una tregua, Netanyahu rifiuta

A sx. Mikhail Bogdanov, a dx Moussa Abu Marzouk

Inutile tornare ancora più indietro nel tempo, ché questo conflitto è decennale, ma resta necessario comprendere le tappe dell’attuale escalation, che poteva essere evitata, come hanno scritto e ripetuto diversi media israeliani.

Il vaso di Pandora è stato aperto un’altra volta e non si vede chi e come possa richiuderlo. Nel frattempo le città israeliane si sono accese di scontri tra arabi ed ebrei.

Il New York Times spiega, però, che l’unità contro il nemico non ha fatto ammainare bandiera all’opposizione interna. Yair Lapid, il leader centrista incaricato di formare un governo alternativo a Netanyahu, in un post su Facebook ha scritto che gli eventi della scorsa settimana “non possono essere una scusa per mantenere Netanyahu e il suo governo al loro posto. Al contrario sono esattamente il motivo per cui dovrebbe essere sostituito il più presto possibile”.

Ha 28 giorni per dare un’alternativa al Paese, alcuni dei quali sono già trascorsi. Ma un’alleanza con gli arabi, che sembrava ormai fatta, in queste condizioni è sempre più difficile, come spiega anche il NYT, dato che sta aumentando al parossismo la “polarizzazione”.

E anche se la guerra si concludesse prima che la finestra di opportunità di Lapid si richiuda, e sembra improbabile dato che si preannunciano anche operazioni via terra, le lacerazioni di questi giorni dureranno tempo..

Mitchell Barak, sondaggista e analista politico di Gerusalemme, ha dichiarato al NYT: “Netanyahu si trova esattamente dove vuole essere, nel mezzo di una grave crisi in cui nessuno vuole cambiare il Primo ministro o il ministro della Difesa”. Seguiremo gli sviluppi, con la fatica del caso, nella speranza di un qualche miracolo, ché la Terra Santa ne riserva.

In conclusione, riportiamo parte di un interessante articolo di Nocholas Kristof pubblicato oggi sul NYT: “Stiamo assistendo ai peggiori combattimenti da sette anni a questa parte tra israeliani e palestinesi e ancora una volta si afferma uno schema di base: quando i missili volano, le forze estreme di entrambe le parti si rafforzano. I civili muoiono, ma gli estremisti da una parte danno potere a quelli dall’altra.

Il defunto Eyad el-Sarraj, un eminente psichiatra di Gaza, ha descritto questa dinamica quando l’ho visitato durante un ciclo di violenze del passato: ‘Gli estremisti hanno bisogno l’uno dell’altro, si sostengono a vicenda’. Si è lamentato del fatto che l’assedio israeliano di Gaza avesse trasformato i fanatici palestinesi in eroi popolari”.

Nell’articolo, tutto da leggere, ricorda come fu Israele a contribuire allo sviluppo di “Hamas tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90. Israele era allora preoccupato per il movimento Fatah di Yasser Arafat, così ha represso Fatah e ha permesso ad Hamas di svilupparsi come forza di oppositiva”.