Biden, Johnson e la guerra pandemica
Tempo di lettura: 4 minutiDurante la celebrazione dell’Indipendence day Biden ha dichiarato: “”Duecentoquarantacinque anni fa abbiamo dichiarato la nostra indipendenza da un lontano re. Oggi siamo più vicini che mai a dichiarare la nostra indipendenza da un virus mortale. Questo non vuol dire che la battaglia contro il Covid-19 sia finita. Abbiamo ancora molto lavoro da fare”.
Il peggio è alle spalle?
Non è la dichiarazione che voleva fare, avendo in precedenza dichiarato che il 4 luglio sarebbe stato un punto di svolta, un momento di cesura tra un passato oscuro e il ritorno alla normalità, ma Biden ha comunque voluto rimarcare che il peggio è alle spalle, che si è aperta una nuova prospettiva.
Scontato? Non tanto, dato il bombardamento mediatico sulle nuove varianti, in particolare quella indiana – o delta altrimenti si rientra nel novero dei razzisti (sic) -, che invece a prospetta un oscuro orizzonte.
Certo, i politici devono infondere coraggio, ma, nel parlare di una più o meno prossima vittoria sul coronavirus, Biden non poteva ignorare il precedente di George W. Bush, che dichiarò finita la guerra in Iraq il 1 maggio del 2003, con intervento ancora irriso da media e analisti.
Così si sarebbe potuto accontentare di una declinazione un po’ meno irenica del noto motivo “andrà tutto bene”, che fu suggerito a Trump e da questi dichiarato al mondo, con eco di politici e media dei Paesi clienti.
Invece l’imperatore ha deciso di rischiare e di aprire a una prospettiva ottimistica, pur se non ingenua. Una strada intrapresa anche dal suo omologo britannico che, ignorando le pressioni per prolungare a tempo indeterminato i lockdown generalizzati, ha deciso di riaprire il Paese (sintonia bizzarra tra Biden e il Trump londinese).
Al solito, l’asse atlantica ha indicato una prospettiva per l’Occidente, che nel caso specifico converge con quella dell’Oriente . Se scriviamo di questo è perché nel mondo si sta consumando una guerra tra quanti vorrebbero che il mondo restasse nella paura e quanti vogliono chiudere la parentesi pandemica.
Il Potere pandemico
Non c’è bisogno di essere complottisti nell’evidenziare tale conflitto. Tanti e potenti ambiti hanno goduto di benefici inimmaginabili in questo tempo pandemico: il coronavirus ha infatti consegnato alla Tecnofinanza immani guadagni e nuovo potere, con un incremento sbalorditivo della loro influenza globale.
A tale ambito si aggiunge quello neocon, che ha sempre usato la Paura e il caos come architrave della sua influenza e in questa temperie ha utilizzato il coronavirus come arma di distruzione di massa, impedendo il recesso del regime sanzionatorio imposto agli stati che loro, canaglie, considerano canaglia.
In tal modo hanno aumentato al parossismo pressione su di tali Paese, anche se, almeno finora, non sono riusciti a far altro che accrescere le sofferenze dei popoli oggetto delle loro premure (tale disagio in passato è stato utilizzato per alimentare insurrezioni, le cosiddette rivoluzioni colorate, ma stavolta non è andata).
Per neocon non si intende solo il ristretto circolo di intellettuali, analisti e politici che si riconosce in questa sigla, ma anche tanta parte dell’apparato militar-industriale americano che ha lucrato sulle guerre infinite legandosi indissolubilmente a tali circoli.
A questi ambiti va aggiunta ovviamente Big Pharma e addentellati, mai così influente in America e nel mondo, che ovviamente paventa un ridimensionamento.
Ambiti potenti e influenti, come si è visto anche nella guerra dei vaccini, consumata sulla pelle delle moltitudini, che ha visto perdenti il britannico Astrazeneca e lo Sputnik russo, grazie a una campagna mediatica che ha magnificato le prestazioni dei vaccini Usa e enfiato al parossismo gli effetti indesiderati degli altri (i problemi riscontrati sui primi sono stati evidentemente tacitati).
Insomma, tanti gli ambiti che vorrebbero prolungare il momentum pandemico per sfruttarlo fino in fondo, ai quali si oppone tanto mondo che invece sta tentando di riportare la situazione alla normalità, o almeno a una normalità che abiti senza eccessivi traumi l’era pandemica, che purtroppo, ad oggi, sembra destinata a perdurare.
Le varianti
Una guerra segreta, senza esclusioni di colpi, come si è visto per la guerra dei vaccini, e che, come altre guerre, conta morti e feriti. E che si gioca molto a livello mediatico, dove la Tecnofinanza signoreggia.
Come si evince anche nel gioco linguistico costruito con le cosiddette “varianti”, termine nuovo e più drammatico delle normali “mutazioni”, che tali sono le cosiddette varianti, peraltro usuali nei virus, altrimenti saremmo morti tutti di “spagnola”.
Enfatizzare l’arrivo di nuove “varianti” serve solo a dare nuovo impulso al terrore (che già solo il termine impaura), nonostante si tratti appunto di un normale processo biologico. Peraltro, la variante viene presentata spesso con declinazioni orrorifiche, come ad esempio l’inefficacia contro di esse dei vaccini pregressi.
Alla cosiddetta variante delta abbiamo dedicato una successiva nota esplicativa, che, numeri alla mano, fa intravedere come il mostro sia meno orribile di come viene dipinto.
Non si tratta di sminuire alcunché, ché anzi prevenzione e cure sono d’obbligo, ma di guardare la pandemia non come un fenomeno statico, ma com’è realmente, cioè dinamico, dove le dinamiche proprie della biologia e della scienza medica si intrecciano in maniera inestricabile con quelle discendenti da meri interessi umani (soldi e potere). Con le conseguenze del caso.
Fortunatamente tali interessi – e poteri – non sono univoci, da cui il conflitto sottotraccia, e a volte manifesto, di cui abbiamo scritto, che deciderà la tempistica della pandemia, o almeno di questa pandemia.
Nota a margine. Bizzarro, o forse no, che le tre Varianti che hanno imperversato per il mondo abbiano avuto origine e abbiano flagellato i tre Paesi che aderiscono ai Brics insieme a Cina e Russia (vi aderiscono, infatti, India, Brasile e Sudafrica)… a queste varianti si è aggiunta quella inglese, che potremmo ironicamente definire variante Brexit.