Covid-19: quando negli Usa si è giocato con il fuoco
Tempo di lettura: 6 minutiLa querelle sull’origini del Covid-19 data oramai quasi due anni e durerà tempo, in un’alternanza di rivelazioni e smentite. Il nodo della contesa è noto: alla tesi che vuole si tratti di un virus naturale, si oppone quella della sua creazione in laboratorio, cosa che sarebbe avvenuta nel biolab di Wuhan, in Cina. Meno diffusa, l’ipotesi che tale artifizio possa essersi prodotto in qualche biolab made in Usa (vedi le vicende di Fort Detrick di cui ci siamo occupati più volte).
Una ipotesi sulle origini del Covid-19, il ruolo della EcoHealth Alliance
Meno esplorata di altre è la strada che porta a Wuhan, ma per il tramite di investimenti e di organismi americani, che sarebbero all’origine delle ricerche che avrebbero “prodotto” il Covid-19.
A tale proposito, ci siamo già occupati dello scontro al calor bianco fra il senatore Rand Paul e Anthony Fauci, lo zar del coronavirus statunitense. Uno scontro sul quale porta nuovi elementi un articolo di The Intercept del 23 settembre, che approfondisce i fatti relativi all’attività dell’EcoHealth Alliance, Ong con sede negli Stati Uniti, a lungo chiacchierata per la sua collaborazione con il biolab di Wuhan.
Così The Intercept: “Una richiesta di sovvenzioni avanzata dall’organizzazione no profit con sede negli Stati Uniti EcoHealth Alliance e presentata nel 2018 alla Defense Advanced Research Projects Agency, o DARPA*, prova che l’EHA stava lavorando, o quantomeno progettava di lavorare, in molti settori di ricerca a rischio”.
“Tra i progetti scientifici descritti dal gruppo nella sua proposta alla Darpa, che quest’ultima ha rigettato, c’era la creazione di cloni infettivi a lunghezza intera di coronavirus correlati alla SARS dei pipistrelli e l’inserimento del virus noto come ‘sito di scissione proteolitica’ nei coronavirus dei pipistrelli. Di particolare interesse è un tipo di sito di scissione in grado di interagire con la furina, un enzima proprio delle cellule umane”.
Non è la prima volta che il sito americano si occupa di tale argomento, il 10 settembre scorso infatti The Intercept affermava di avere prove che la EcoHealth Alliance avesse realizzato “guadagni di funzione”, rendendo intenzionalmente i virus più patogeni o trasmissibili al fine di studiarli.
Tale attività si sarebbe realizzata a Wuhan grazie a fondi del National Institutes of Health (L’Istituto sanitario federale Usa), guidato da Anthony Fauci, in deroga alle disposizioni degli Stati Uniti che vietano il finanziamento di tali attività.
A maggio, prosegue The Intercept, “Fauci ha dichiarato al Congresso degli Stati Uniti che ‘Il NIH non ha mai finanziato ricerche sul guadagno di funzione nell’Istituto di virologia di Wuhan’. I documenti relativi non chiariscono se Fauci fosse o meno a conoscenza di tale attività”.
Peter Daszak, presidente della EHA
Si sa invece che, Peter Daszak, il presidente dell’EHA, fin dal febbraio 2020, all’inizio della pandemia, è stato tra i più attivi sostenitori dell’origine naturale del virus Covid-19. Fu lui, infatti, l’ispiratore dalla lettera aperta pubblicata su Lancet, firmata da altri 26 scienziati, che condannava come disinformazione la tesi dell’origine artificiale del virus.
Il 18 aprile del 2020, poi, Daszak ringraziava, tramite e-mail, Fauci per aver minimizzato pubblicamente la tesi del laboratorio di Wuhan, con quest’ultimo a ringrazialo a sua volta per la «gentile nota» (Il Sussidiario).
L’attivissimo Peter Daszak è anche lo scienziato designato dall’America per investigare sulle origini del virus al seguito del team internazionale che l’Organizzazione mondiale della sanità ha inviato in Cina nel febbraio 2020. Un’inchiesta che ha concluso come “estremamente improbabile” l’ipotesi che il virus fosse stato realizzato in laboratorio.
Il guadagno di funzione e il “sito di scissione della furina”
Tanti elementi, ma ancora nessuna certezza sulle origini del virus, anche se ad oggi la tesi più accreditata è quella di una sua evoluzione naturale.
Né ci sono certezze sulle ricerche effettuate dalla EHA a Wuhan. Nonostante le rivelazioni di questi mesi, infatti, gli elementi portati, non è stato ancora accertato che tali esperimenti fossero diretti effettivamente a ottenere un “guadagno di funzione” su alcuni virus esistenti.
La querelle virus naturale – virus artificiale, così, continua a dividere. Per tentare di dare qualche risposta, The intercept ha interpellato alcuni scienziati, chiedendo lumi sugli elementi emersi.
Tali esperti sembrano particolarmente incerti di fronte a quello che chiamano “sito di scissione della furina”, particolare totalmente incomprensibile ai non addetti ai lavori, ma, a quanto pare, cruciale.
“Da quando il codice genetico del coronavirus che ha causato la pandemia è stato sequenziato per la prima volta – scrive The Intercept – gli scienziati si sono interrogati a lungo sul ‘sito di scissione della furina’. Questa strana caratteristica sulla proteina spike del virus Covid-19, infatti, non era mai stata osservata nei betacoronavirus correlati alla SARS”.
La richiesta alla Darpa
Non è un mero capriccio scientifico chiarire questo aspetto perché “Il sito di scissione della furina consente al virus di legarsi e rilasciare in modo più efficiente il proprio materiale genetico nelle cellule umane ed è uno dei motivi per cui il virus è così facilmente trasmissibile e dannoso”. In pratica potrebbe essere questo l’arma segreta del virus, che lo renderebbe così aggressivo e trasmissibile all’uomo.
Alcuni scienziati, annota The Intercept, ritengono “improbabile che la particolare sequenza di aminoacidi che compongono il sito di scissione della furina possa essersi prodotto attraverso un processo naturale”.
A questi si sono opposti 23 ricercatori che hanno firmato un recente articolo per la rivista Cell, nel quale si legge: “Non c’è alcun motivo logico per cui un virus ingegnerizzato utilizzi un sito di scissione della furina così poco ottimale, che comporterebbe un’impresa di ingegneria genetica tanto insolita e inutilmente complessa […] Né ci sono prove di ricerche precedenti presso il [Wuhan Institute of Virology] che coinvolgano l’inserimento artificiale di siti di scissione completi della furina nei coronavirus”.
Un’obiezione logica, dunque: se davvero si voleva creare un virus chimera, perché utilizzare una tecnica così complessa e tanto poco efficace?
Sul punto, The Intercpet intervista la dottoressa Alina Chan, biologa molecolare canadese specializzata in terapia genica e ingegneria cellulare presso il Broad Institute del MIT e di Harvard, che ritiene tale obiezione superata dal fatto che quanto proposto dalla EHA alla Darpa “era in effetti la descrizione dell’inserimento di un nuovo sito di scissione della furina nei coronavirus dei pipistrelli”.
Insomma, ciò che in quella richiesta era stato ipotizzato è poi successo. Sul punto The intecept riferisce l’opinione di Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University :”La rilevanza di questo punto è che SARS Cov-2, il virus pandemico, è l’unico virus tra tutti i coronavirus correlati alla SARS che contiene un sito di scissione completamente funzionale all’incrocio S1, S2″ – ha dichiarato Ebright, riferendosi al punto in cui si incontrano due subunità della proteina spike. – Ed ecco che una richiesta avanzata all’inizio del 2018 propone esplicitamente di progettare quella sequenza in quella posizione in coronavirus creati in un laboratorio chimerico”. (cioè destinato a produrre virus chimera, virus naturali con innesti artificiali).
Va detto che la comunità scientifica non è unanime nel ritenere il sito di scissione della furina un fattore principale della sua grande trasmissibilità e patogenicità, che potrebbe essere prodotta da altri fattori. Sul punto, cioè, c’è ancora da investigare. E, però, resta e interpella la coincidenza tra la proposta della EHA e quanto riscontrato nel Covid-19, come evidenziato dalla Chan e da Ebright.
Conclusioni incerte
Quale che sia l’ipotesi che si dimostrerà vera, semmai verrà dimostrata, ad oggi é molto difficile attribuire colpe o responsabilità. Sappiamo solo che la EcoHealth Alliance ha avanzato una proposta oscena, ha lavorato a Wuhan e ha ricevuto finanziamenti dal NIH e, tramite il suo presidente, si è speso per accreditare la teoria del virus naturale.
Ed è noto che il dominus pubblico della pandemia, Anthony Fauci, in un primo momento ha sostenuto la stessa tesi per poi virare su posizioni possibiliste riguardo la creazione in vitro del virus a Wuhan (sotto la spinta di una forte propaganda anti-cinese, va specificato, nata nell’ambito del recente antagonismo Usa-Cina).
Non è attualmente dimostrato che fondi della NIH abbiano finanziato ricerche della EHA per ottenere un “guadagno di funzione” e la Darpa sembra che abbia negato alla EHA i fondi per realizzare una ricerca per creare un virus identico o assimilabile a quello della pandemia.
Ma è vero anche quanto conclude The Intercept: anche senza il finanziamento della DARPA, c’erano molti altri modi per trovare fondi per gli esperimenti.
Si potrebbe aggiungere che, quando si chiede di finanziare un progetto, è ovvio che il proponente ritiene in essere grado di poterlo realizzare e/o, magari, ha già realizzato, su scala più meno ridotta, il prodotto – in questo caso l’alterazione del virus – che per cui chiede il finanziamento.
*La Defense Advanced Research Projects Agency, meglio nota come DARPA, è l’agenzia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare.