13 Ottobre 2021

Afghanistan: il G-20 virtuale di Draghi

Afghanistan: il G-20 virtuale di Draghi
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Salutato come una grande vittoria di superMario, con l’usuale melliflua enfasi che i media riservano al nostro leader – deriva che ricorda i toni riservati, al tempo, al duce -, ieri a Roma si è tenuto il G-20 straordinario sull’Afghanistan.

Un summit annunciato a fine settembre, ignorato da tutti i media del mondo, come abbiamo scritto in altra nota, dato che allora a stento rinvenimmo tre-righe-tre di rilancio della sola Reuters (i media italiani, ovviamente, fecero grancassa).

Nato sotto un cattivo auspicio, ed evidentemente forzato rispetto al necessario consenso internazionale, non poteva che risultare del tutto inutile, come in effetti è stato.

Certo, la Ue si è impegnata a dare all’Afghanistan 1,2 miliardi di euro, ma ciò era già in agenda e non c’era bisogno di un G-20 per deciderlo, essendo bastevole uno degli usuali summit dell’Unione.

Anche gli Usa hanno deciso di aiutare Kabul, ma a seguito di un precedente incontro tra loro delegati e i talebani in Qatar, nel quale però gli Usa hanno ribadito il niet sul riconoscimento internazionale: niet ribadito ovviamente al G-20 di ieri.

Il nuovo governo afghano non sarà riconosciuto finché non si impegnerà a rispettare i diritti delle donne e non diventerà più inclusivo, condizioni che evidentemente non sono poste alle monarchie del Golfo o alla Turchia, il cui governo non appare tanto inclusivo (Erdogan, peraltro, era al G-20…)..

Di Terrore e contro-Terrore

Tale disparità non cela solo un’ipocrisia: in realtà, la vera richiesta sottesa a tali diktat è che i talebani, nonostante il ritiro degli Stati Uniti, accettino che il loro Paese diventi uno stato cliente di Washington, richiesta alla quale essi non vogliono sottostare.

Lo indica il rifiuto di Kabul di accettare una collaborazione con gli Usa sul contrasto al terrorismo (New York Post), perché memori del fatto che durante la lunga occupazione Usa i fantaccini americani non hanno fatto granché, con la popolazione afghana in balia delle bombe “intelligenti” Usa e di quelle del Terrore.

Un rifiuto che è stato ribadito a Doha, nonostante l’incontro sia stato preceduto da un attentato dell’Isis, che ha fatto strage in una moschea di Kunduz. Un attentato che ha fatto le stesse vittime di quello all’aeroporto di Kabul, avvenuto nei gironi dei ritiro degli americani, che allora fu riportato da tutti i media del mondo.

Di quest’ultimo, invece, non è importato nulla a nessuno, tanto a morire sono afghani… così va il mondo. Anche se può apparire strano, l’attentato serviva a spingere Kabul ad accogliere le richieste americane, come denota la tempistica dello stesso.

Il fatto è che l’Agenzia del Terrore sa perfettamente che l’antiterrorismo degli Stati Uniti nel loro Paese, come altrove, gli ha creato spazi di manovra e fornito decine di migliaia di adepti, e sa che Terrore e contro-Terrore sono due facce della stessa medaglia, come abbiamo scritto altre volte. Bizzarria che fa il paio con le indebite convergenze tra forze Usa e terroristi in vari teatri di guerra, dalla Siria alla Libia allo Yemen etc…

Tornando al summit virtuale di Roma, e ai suoi effetti, la sua inanità era inscritta nella chiamata a un G-20 che G-20 non era, dal momento che mancavano Putin e Xi Jinping, con la Cina che, per mera cortesia, ha fatto parlare il suo ministro degli Esteri. Un G-20 che non comprenda Pechino e Mosca non è che un G-7 allargato…

Evidentemente sia Russia che Cina hanno reputato che non ci fosse alcuna base sulla quale discutere con l’Occidente, tanto che Putin si sta muovendo da solo, invitando i talebani e i cinesi a un summit a Mosca (al Jazeera).

La dissipazione dei soldi afghani

Al di là dell’inutilità del summit, resta che un po’ tutti, dalla Ue agli Usa alla Cina, sembra si siano convinti ad aiutare il popolo afghano, almeno a parole, evitando così che lo Stato collassi, rischio ben descritto in un dettagliato articolo di Jan Egeland sul New York Times, per evitare una pericolosa destabilizzazione.

Da annotare che a far collassare il sistema economico afghano non è stata la gestione talebana, ma il governo fantoccio filo-americano pregresso, come denuncia un report preparato da diversi osservatori internazionali, che spiega come la banca centrale abbia improvvidamente “esaurito” le sue riserve con iniziative folli (Reuters).

I soldi, in genere, non si bruciano, passano di mano. Ed è facile intuire dove sono stati dirottati i soldi gestiti dal governo fantoccio filo-Usa.

Da qui l’ipocrisia dell’Occidente nel suo primo approccio ai nuovi arrivati, e forse anche nel successivo, quando ha negato fondi all’Afghanistan e ha emanato sanzioni costrittive contro il Paese.

Vedremo come evolverà la crisi, che è solo ai suoi inizi. Da notare, però, che i talebani sembra abbiano iniziato a dar corso a una delle condizioni richieste dall’Occidente, dato che in alcune regioni hanno permesso alle donne di tornare a scuola, come annota The Hill. Timida apertura, da seguire.