Assalto a Capitol Hill: la controversia che sconvolge l'America
Tempo di lettura: 4 minutiL’America sta vivendo un conflitto interno come mai prima d’ora, con lo scontro destra-sinistra arrivato al parossismo dopo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio, data epifanica che ha inciso non poco sulla storia recente.
Da allora, lo scontro tra l’establishment, che ha sostenuto il cambio di guardia alla Casa Bianca, e i sostenitori di Trump si è acceso al calor bianco, con le testate alternative della destra a bombardare su vari fronti e la controparte a controbattere usando le tante modalità che può permettersi il sistema.
Una delle tante controversie su cui i contendenti incrociano le spade riguarda proprio l’assalto a Capitol Hill, oggetto di due inchieste parallele, svolte dalla magistratura e da una commissione parlamentare.
Al contempo, alcune testate alternative che fanno riferimento ai repubblicani hanno avviato inchieste giornalistiche, usando anche delle inchieste ufficiali.
Il Campidoglio del Michigan
Abbiamo già accennato in altra nota all’inchiesta di Revolver che raccontava di un piano eversivo dell’organizzazione di estrema destra Three Percenters per rapire il governatore del Michigan (in realtà, un ripiego di un piano precedentemente accantonato, che prevedeva di influenzare una manifestazione pacifica organizzata nei pressi del Campidoglio del Michigan per indurre i partecipanti ad assaltarlo).
Il rapimento del governatore fu sventato nell’estate del 2020 grazie agli infiltrati dell’Fbi nell’organizzazione eversiva che, come si scoprì nel corso del dibattimento, erano 5 su 15 e con ruoli chiave.
Utilizzando le carte di quel dibattimento e mettendole a confronto con l’inchiesta ufficiale sull’assalto a Capitol Hill, Revolver ha ipotizzato che diversi membri dei Proud Boys, la milizia considerata come principale promotrice dell’assalto, fossero infiltrati dell’Fbi.
I ragazzi orgogliosi
Revolver, infatti, notava che, come nel caso del Michigan, diversi Proud Boys protagonisti dell’assalto sono stati classificati dagli inquirenti con sigle e numeri, e non con il nome, e non sono stati accusati dei reati imputati agli altri, nonostante avessero un ruolo di primo piano nell’assalto e risultassero figure apicali dell’organizzazione.
Tanto che anche un media mainstream come il New York Times ha successivamente riportato la storia dell’unico informatore ufficialmente riconosciuto come infiltrato nei Proud Boys, che aveva marciato su Capitol Hill dando informazioni in tempo reale all’Agenzia.
A ciò si aggiungevano le informazioni della Reuters: “Gli agenti del Bureau hanno mantenuto contatti con i principali leader dei Proud Boys a partire dal 2019, secondo un esame di Reuters. Almeno quattro Proud Boys hanno fornito informazioni all’FBI, ha appreso Reuters”. Tutto ciò non vuol dire nulla, aggiungeva la Reuters, ma resta la singolarità.
In un’altra puntata dell’inchiesta, Revolver si interpellava sul perché Stewart Rhodes, fondatore e capo storico degli Oath keepers, la più importante organizzazione di estrema destra Usa, il quale aveva “sostanzialmente organizzato e dato avvio in tempo reale, attraverso una serie di messaggi di segnali crittografati, al piano violento del 1/6”, come da accuse del Dipartimento di Giustizia, non sia stato perseguito e imprigionato, a differenza di altri dirigenti dell’organizzazione, peraltro perseguiti per violenze e non per cospirazione, cioè evitando l’associazione a delinquere che avrebbe coinvolto necessariamente il loro capo.
Ray Epps, il sergente che sussurrava ai rivoltosi
L’ultima puntata di Revolver riguarda l’ex sergente dei marines Ray Epps, che una moltitudine di video immortala mentre, la sera prima dell’assalto, si aggirava tra quanti erano arrivati a Washington per partecipare alla manifestazione del giorno successivo.
Nei video si vede Epps aggirarsi tra i gruppi dei convenuti raccomandando a tutti di tenere a mente l’obiettivo del giorno successivo, cioè assaltare Capitol Hill, incontrando per lo più diffidenza.
Non solo, altri video lo inquadrano il giorno successivo mentre distribuisce consigli autorevoli ai protagonisti dell’assalto. In particolare, lo si vede abbracciare e parlare all’orecchio all’incappucciato che sarà ricordato come il primo ad abbattere le transenne di Capitol Hill (la conversazione confidenziale avviene qualche istante prima dell’aggressione).
Revolver fa notare come Epps risultasse tra i ricercati dell’Fbi, ma fu poi cassato dalla lista senza spiegazioni. Sarebbe così libero e uccel di bosco.
Lo strano documentarista e il cornuto di Capitol Hill
Una nota a parte merita JadenX, uno dei tanti alias di John Sullivan, noto alle cronache per aver filmato l’uccisione di una manifestante da parte di uno degli agenti della sicurezza del Campidoglio. Sullivan si era infiltrato nella folla che ha preso d’assalto il Campidoglio nonostante fosse un’attivista di sinistra.
Il ragazzo, nonostante sia stato scagionato da ogni addebito dopo aver spiegato che voleva solo documentare l’accaduto, durante l’assalto, a stare alle testimonianze di alcuni poliziotti, avrebbe aizzato la folla invitando a spaccare tutto (nei suoi filmati, peraltro, si vede anche mentre documenta le azioni dei primi assaltatori di Capitol Hill).
Ma fin qui siamo alle inchieste passate, nella nuova puntata Sullivan viene immortalato in un video che segue l’agitarsi ossessivo di Epps il 5 sera, anche lui insieme alla folla convenuta a Washington.
Raccontando la storia di Sullivan, Revolver annota la sua attività presso i gruppi della sinistra radicale, pubblicando anche un post di un’attivista di uno di questi gruppi che allarma i suoi amici, additando Sullivan come “probabile infiltrato/agente provocatore”.
Nel nostro piccolo, avevamo annotato con certa perplessità il fatto che lo sciamano che il mondo aveva visto intronizzarsi sullo scranno più alto del Campidoglio, noto alle cronache come Jake Angeli, fosse rimasto quasi una settimana a piede libero dopo l’accaduto, nonostante l’appariscente look da cornuto, concedendo nel frattempo interviste nelle quali spiegava di essere in contatto con l’Fbi.
La guerra nel cuore dell’Impero
Dunque, tanta carne al fuoco in questo articolo di Revolver, che, al di là delle conclusioni del sito, che resta di parte, suscitano comunque domande.
L’inchiesta di Revolver sarebbe rimasta roba marginale, se non fosse che parte di tale documentazione è stata rilanciata dall’anchorman al momento più popolare d’America, Tucker Carlson, con il video Patriot Purge, che ha suscitato un vero e proprio putiferio in America.
Ovviamente, i media di establishment, e non solo, l’hanno bollato come cospirazionista, tentando anche di bloccarne la pubblicazione tramite pressioni su Fox news.
Non prendiamo posizione in merito a quanto riportato, anche se certe censure preventive non piacciono (non dovrebbe essere il potere a stabilire cosa debbono o non debbono sapere i cittadini, altrimenti, la stampa avrebbe solo un ruolo ancillare).
Quel che interessa registrare in questa sede è semplicemente che il cuore dell’Impero è scosso da una conflittualità senza precedenti i cui esiti sono tutti da scoprire.