La sanità israeliana: con la Omicron il green pass è inutile
Tempo di lettura: 4 minuti“Fonti del ministero della Salute hanno confermato che il mandato del Green Pass sta per essere cancellato perché sembra essere ‘irrilevante’ di fronte alla variante Omicron del coronavirus”. Così su Yedioth Aeronot, che cita anche un intervento esplicativo di Cyrille Cohen, esperto di immunologia della Bar-Ilan University.
Il green pass va abolito, sostiene la comunità scientifica israeliana
“Lo scopo del Green Pass – ha spiegato il dottor Cohen – era originariamente quello di creare una sorta di ambiente più sicuro per le persone vaccinate, specialmente per quanti avrebbero potuto ammalarsi gravemente. Il Green Pass ha anche incoraggiato le persone a vaccinarsi, ma in questo momento è irrilevante poiché la variante Omicron infetta sia i vaccinati che i non vaccinati con eguale velocità”.
Anche il professor Doron Gazit dell’Università Ebraica, membro del panel di consulenza del governo sulla pandemia, pensa che il Green Pass dovrebbe essere abolito. “Non c’è dubbio – ha detto – che durante l’ondata di Omicron il Green Pass non sia utile e potrebbe anche causare danni perché dà alle persone vaccinate la sensazione di essere al sicuro, anche se sono contagiose e infettive proprio come i non vaccinati”.
Al momento, il gabinetto chiamato a gestire la pandemia ha prorogato l’obbligo di green pass di una settimana, ma ormai la restrizione sembra destinata all’abolizione, dato il parere più o meno unanime della comunità scientifica israeliana.
Quando accade in Israele, abbiamo scritto più volte, è importante, perché il Paese mediorientale ha avuto funzione guida per tante nazioni.
Bizzarro, o forse no, che in Italia tale dibattito non sia nemmeno sfiorato in superficie, rigettando come pericolose tesi no vax argomentazioni similari e rimanendo ferma la gestione pandemica al solo ossessivo richiamo alla vaccinazione, iniziando soltanto a interpellarsi (peraltro in maniera ancora timida) su un’eventuale endemizzazione della patologia. Deve ancora arrivare il “contrordine compagni” perché qualcosa si muova anche nel Bel Paese, tutto qua.
Gli Usa e il contrordine compagni
La necessità di un “contrordine compagni” inizia a farsi strada anche in America. Di articoli volti a mettere a tema la possibilità, anzi la prospettiva, di una endemizzazione del Covid-19 avevamo dato già conto, ma quel che si legge oggi sul Washington Post è qualcosa di molto più rivoluzionario (1).
“Il presidente Biden ha bisogno di un reset completo della sua presidenza debole e fallimentare, ma soprattutto della sua strategia pandemica, che inizi dal vertice, rinnovandone la leadership. Fauci chiaramente deve essere sostituito, ma a seguirlo fuori dalla porta dovrebbero essere il direttore dei Centers for Disease Control and Prevention Rochelle Walensky , il segretario alla salute e ai servizi umani Xavier Becerra e l’uomo di punta della Casa Bianca sulla risposta alla pandemia, Jeff Zients” .
“È indiscutibile che la fiducia e il credito dell’opinione pubblica nell’HHS, nel CDC e nella Food and Drug Administration sia stata vulnerata, mentre c’è da chiedersi se la disfunzione delle agenzie abbia contribuito al calo degli indici di approvazione di Biden o viceversa, ma è indubbio che milioni di americani si sentono messi alle strette dalla pandemia e sono sempre più scettici nei confronti della risposta erratica dell’amministrazione”.
Quindi, dopo essersi chiesto come può fare Biden a ottenere nuovamente la fiducia degli americani, suggerisce di creare “un nuovo team di consulenti per la pandemia, non gravato da rivelazioni di inganni e ‘nobili bugie’ del passato, né ostacolato dai rancori personali” creatisi in questi due anni.
Non solo un cambiamento di volti, ma anche di strategie. Non le accenniamo nel dettaglio, anche perché alcune non sono granché interessanti. Quel che interessa è il succo dello scritto: gli americani vogliono uscire da questa emergenza, così come gli era stato promesso e non si è avverato, sia per le bizze del virus, che ha il vizio di fare varianti come tutti gli altri, ma soprattutto per la gestione della crisi.
“Sarebbe meglio per Biden cercare di dare una qualche forma a uno status endemico tollerabile, in cui si convive con il covid, un obiettivo da raggiugere non necessariamente in modo lineare. Questo approccio richiederebbe un nuovo inizio da parte di un nuovo team dell’amministrazione Biden. E potrebbe anche dare la scossa al suo indice di approvazione, cosa di cui il presidente ha disperatamente bisogno”.
Il cambio di guardia auspicato è anzitutto politico: l’establishment è letteralmente terrorizzato dai sondaggi, che al momento assegnano ai repubblicani una netta vittoria alle midterm di novembre. Vittoria non solo di prospettiva, in vista cioè delle presidenziali del 2024, ma che nel breve presentano criticità per i gestori della pandemia.
Il nuovo Congresso potrebbe, infatti, aprire inchieste sia sulla gestione pandemica che sui suoi gestori. E quel che oggi può essere affrontato con certa noncuranza, come evidenzia il diniego opposto dalla CDC a trenta professori universitari che chiedevano di visionare gli studi sui vaccini Pfizer (li potranno vedere solo nel 2079, vedi Reuters), potrebbe diventare più complicato in seguito.
Ciò ovviamente creerebbe ulteriori problemi all’attuale amministrazione e al partito democratico, che l’establishment oggi vede come unico argine alla sempre più diffusa popolarità di Trump.
Strana eterogenesi dei fini: la pandemia è stata brandita come un randello per abbattere Trump, ma ora la catastrofe della sua gestione, o non gestione che sia, si ritorce contro gli stessi apprendisti stregoni che ne hanno modulato a loro piacimento la narrazione.
(1) Certo il Washington Post è organo di riferimento dei repubblicani, ma è anzitutto organo dell’establishment, che sulla gestione della pandemia non ha visto divergenze tra democratici e repubblicani.