Erdogan in Ucraina e la spinta per un accordo Usa-Iran
Tempo di lettura: 3 minutiPiccole fiammelle di speranza dal Medio Oriente. Erdogan si è recato in Ucraina per incontrare Zelensky insieme al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Così Anadolu: “Nel corso del suddetto incontro, verranno discussi i passi che possono essere compiuti per porre fine alla guerra Ucraina-Russia con mezzi diplomatici incrementando le attività del meccanismo istituito per l’esportazione del grano ucraino sui mercati mondiali”.
La diplomazia di Erdogan
Il passo del presidente turco arriva il giorno successivo al ripristino dei rapporti diplomatici con Israele, un altro successo del sultano che sta giocando bene le sue carte. Così che sembra ripetersi lo scenario di inizio guerra, quando la Turchia provò a mediare tra Mosca e Kiev con il supporto tacito di Israele.
Una mediazione che ebbe un certo successo, permettendo addirittura di organizzare un incontro tra il ministro degli Esteri russo Lavrov e quello ucraino Kuleba (nessuno lo ricorda più…).
Ma che fu seppellito dalla improvvisa epifania di Bucha, quando la scoperta degli asseriti crimini russi nella cittadina ucraina posero una pietra tombale sulle possibilità di pace (tali crimini non hanno trovato reiterazione… come anche le trattative).
Non sembra che ci siano molte speranze di rianimare in questo momento quei negoziati e quelle speranze, ma solo il fatto che ci sia almeno un leader politico al mondo che ci prova – ovviamente per interesse personale (leggi: prestigio internazionale) – deve essere registrato con l’attenzione del caso, anche per contrasto con la scomparsa della parola “diplomazia” dal vocabolario dei governi dei Paesi Nato, i quali, ormai consegnati agli dei della guerra, riescono solo a balbettare parole come “armi” e “aiuti all’Ucraina”.
Detto questo, è ovvio che nella conferenza stampa che seguirà l’incontro, Zelensky continuerà a ripetere il mantra della liberazione dell’Ucraina dall’invasore. Ma se Erdogan ci sta provando, vuol dire che non solo ha il placet del Cremlino, col quale intrattiene rapporti privilegiati, ma che anche dall’Occidente è arrivato qualche tacito segnale in tal senso.
Inutile sperare in una svolta a breve, però l’iniziativa va registrata. Come va registrato che, nelle stesse ore, prosegue il bombardamento della centrale atomica di Zaporizhzhia, che si accompagna al pericoloso sabotaggio della centrale atomica di Kursk, in Russia, da parte di sabotatori ucraini (o Nato?). Qualcuno sta giocando con le nuvole (radioattive) per tenere oscurato il cielo del mondo.
L’accordo sul nucleare iraniano è ancora possibile
Dal Medio oriente, un’altra favilla di speranza, come accennavamo a inizio articolo: a quanto pare l’aggressione a Salman Rushdie, che secondo tanti opinionisti e analisti avrebbe dovuto gettare una colata di cemento sulla possibilità di un accordo tra Teheran e Washington sul nucleare iraniano, non ha avuto l’effetto desiderato.
Ne dà testimonianza un articolo di Amos Harel su Haaretz dal titolo: “Ignorando l’aggressione iraniana, Biden spinge per concludere un accordo nucleare”. Al di là dell’obbligata svista sull’Iran riguardo all’aggressione contro Rushdie – Teheran ha negato qualsiasi coinvolgimento e non c’è nessun indizio in tal senso -, nella nota si spiega come l’attuale amministrazione Usa sia ancora favorevole a siglare l’intesa.
Più importante, però, quello che Harel scrive riguardo a Tel Aviv, che nonostante tutto conserva in via riservata un certo diritto di veto: “Per quanto riguarda Israele, l’accordo è pieno di buchi e d’altronde non era molto buono anche quando era stato raggiunto all’epoca sotto l’amministrazione Obama nel 2015. Tuttavia, a quel tempo sembrava l’alternativa meno cattiva tra le scelte – e la via principale per impedire all’Iran di avvicinarsi alle armi nucleari”.
E conclude: “Un nuovo accordo nucleare, se alla fine sarà firmato, metterà apparentemente il progetto nucleare iraniano in una posizione molto migliore rispetto a quella del 2015. Tuttavia, nonostante tutto, sembra essere ancora l’alternativa preferita per la sicurezza di Israele nonostante le sue perplessità”. Vedremo.