Troppi errori, svolta all'Fbi Barack nomina direttore un ex fedelissimo di Bush
Tempo di lettura: 2 minutiUn’anticipazione stampa non smentita dalla Casa Bianca ha dato notizia di un cambio al vertice dell’Fbi: dopo dodici anni di reggenza, finisce l’era di Robert S. Mueller e alla guida del Federal Bureau of Investigation viene chiamato James B. Comey. Due i motivi di interesse per la nomina. Anzitutto il prescelto è un repubblicano, ha fatto carriera sotto la presidenza di George W. Bush, diventando il numero due del dipartimento della Giustizia. Pur condividendo le linee guida dell’amministrazione Bush, il prescelto ha dato prova di indipendenza, tra l’altro bloccando la reiterazione della legge sulle intercettazioni indiscriminate promulgata dopo l’11 settembre e seguendo da presso il dibattimento sull’affaire Valerie Plame (l’agente della Cia di cui fu rivelata l’identità e quindi messa a rischio l’incolumità), che portò all’incriminazione di “Scooter” Libby, capo dello staff di Dick Cheney, il più potente vice-presidente della storia degli Stati Uniti e uomo forte dell’amministrazione Bush. Così la scelta di un repubblicano indipendente per la guida dell’Fbi prosegue quella linea che Obama aveva inaugurato con la nomina di Chuck Hagel alla Difesa: tentare di dare un profilo più moderato e meno liberal alla sua amministrazione cercando sponde nell’area moderata del Grand Old Party.
Altro motivo di interesse della nomina di Comey sta nel fatto che sia avvenuta in un momento in cui l’Fbi ha di fronte a sé un compito nuovo: quello di fronteggiare un rinnovato attivismo destabilizzante nel territorio degli Stati Uniti. Dopo l’11 settembre e le lettere all’antrace che avevano caratterizzato i primi passi dell’amministrazione Bush, il suolo americano era rimasto indenne da minacce vere e proprie, anche se l’ossessione della sicurezza aveva dato luogo a un allarmismo continuo. Invece di recente si sono susseguiti episodi inquietanti: il recente attentato alla maratona di Boston, il misterioso tiro al bersaglio sulla folla durante la parata della festa della mamma a New Orleans, le buste all’antrace e alla ricina inviate a diverse personalità di spicco della politica americana (pochi giorni fa una di queste è stata inviata a Bloomberg, ieri – è la seconda nel giro di due mesi – ne è giunta una anche ad Obama, ambedue con indicazioni minacciose riguardo alla campagna da loro condotta per il controllo delle armi), oltre alle sanguinose stragi nelle scuole e ai pericolosi fermenti che attraversano diversi gruppi estremisti armati made in Usa, dai suprematisti bianchi ai prepper. Nuove sfide, insomma, che evidentemente richiedono un nuovo approccio e una nuova leadership.
Oltre a tali motivazioni c’è anche la voglia dell’Amministrazione Obama di non creare ulteriori attriti con i repubblicani, dopo i recenti attacchi di questi sulla vicenda dell’ambasciatore Usa ucciso a Bengasi, sulle intercettazioni illegittime nei confronti di alcuni giornalisti e sulle persecuzioni compiute dall’Agenzia delle entrate nei confronti di associazioni e imprese legate al movimento del Tea Party. Comey è repubblicano e dovrebbe passare indenne al vaglio del Congresso che ne deve confermare la nomina. Una nomina che evidenzia ancora una volta l’abilità politica e diplomatica del Presidente degli Stati Uniti.