Tutti i capoluoghi al centrosinistra
Tempo di lettura: 2 minutiDati i numeri, sedici capoluoghi conquistati su sedici, quella di ieri potrebbe sembrare la giornata del trionfo del centrosinistra, ma non lo è stata. Perché l’affluenza è stata talmente bassa, sotto il cinquanta per cento, che le amministrative di ieri segnano solo un ulteriore punto di caduta della politica: la gente vuole qualcosa che l’attuale quadro politico non riesce a offrire. O i partiti cambieranno, oppure, presto o tardi, questo malcontento troverà un modo per farsi sentire, più rumoroso che non la diserzione delle urne.
Ad aumentare il distacco della gente anche le figure proposte dei partiti; basti pensare ai candidati di Roma dove a sfidarsi sono stati Alemanno, verso la cui amministrazione da tempo i romani avevano dato segnali di insoddisfazione, e un anonimo chirurgo. Ma anche scelte di così basso profilo appartengono a un’incapacità della politica di trovare un rapporto reale con la società.
Comunque, al di là delle prospettive fosche, resta che un segnale positivo sul centrosinistra c’è stato: nel naufragio generale della politica, quest’area resta, nonostante tutto, un interlocutore privilegiato di parte dei cittadini italiani. Al momento non è poco, anche perché la prospettiva di una guida Renzi, nonostante i limiti del sindaco di Firenze, potrebbe attrarre ancora più consensi.
Crolla il Pdl, ma questa non è una novità: anche prima delle ultime elezioni politiche il Pdl, giorno dopo giorno, aveva conosciuto un decremento disastroso nei sondaggi. Al tempo l’aveva salvato il ritorno di Berlusconi, cosa che non è avvenuta in questa ultima circostanza, dal momento che il Cavaliere si è guardato bene dal sottoporsi a un altro tour elettorale. Il problema è che il Pdl, tolto il Cavaliere, è poco o nulla. I personaggi che appaiono sui giornali, primo fra tutti il segretario Alfano, non hanno appeal, né capacità politiche tali da rappresentare qualcosa per gli elettori. È un problema del sistema Italia, dal momento che quando Berlusconi uscirà dalla politica, l’area di destra rischia di frantumarsi in anonimi partitini pronti a divorarsi tra loro per emergere.
Da registrare anche il crollo della Lega: fenomeno prevedibile anch’esso; e previsto da Bossi, che ultimamente ha tuonato contro il nuovo corso. Ma l’attuale dirigenza farà di tutto per arginare il ritorno del vecchio leone, il quale forse rappresenta più una risorsa che un problema per questo partito. Ma Maroni, ovviamente, preferisce regnare sulle macerie piuttosto che servire in un castello.
Ultima nota riguarda la fine di quella che fu An, che la sconfitta di Alemanno a Roma relega ormai alla storia, con la s minuscola, del Paese. Un partito nato a Fiuggi dalle ceneri del Msi che ha coltivato la speranza di mettersi al timone dell’Italia. Buoni rapporti internazionali – basti pensare che a Fiuggi era presente l’allora sconosciuto Netanyahu – ottima immagine, ha trovato sulla sua strada, a competergli l’elettorato di destra, il Cavaliere nazionale. Il resto lo ha fatto la troppa supponenza, che rende impossibili i compromessi, e la troppa litigiosità interna. Sic transit gloria mundi.