Berlusconi, la condanna più dura
Tempo di lettura: 2 minutiSette anni, un anno in più di quanto richiesto dai pm, e interdizione perpetua dai pubblici uffici: la sentenza sulle feste di Arcore arriva puntuale e prevedibile. Reazioni nervose da parte del condannato e dei suoi, mentre il Pd è diviso tra quanti gioiscono al sospirato arrivo della fine del Cavaliere e quanti temono che la condanna spazzi via il governo. Una condanna durissima, dal momento che in un processo per induzione alla prostituzione minorile – sulla “minorità” di Ruby, causa dell’aggravante, ci sarebbe molto da valutare – viene comminata una pena che comporta anche l’interdizione perpetua ai pubblici uffici, quindi la fine della carriera politica del Cavaliere (cosa mai vista in altri procedimenti per lo stesso reato), e viene chiesto di valutare la posizione dei testi a discarico (cosa anche questa alquanto inusuale e che, al di là delle intenzioni, suona alquanto intimidatoria nei confronti dell’entourage del condannato).
Certo è che da ieri il governo di pacificazione, che avrebbe dovuto porre fine a un ventennio di guerra civile, è ancora più fragile. Berlusconi deve tenere a freno i suoi che vogliono rovesciare il tavolo, ma le altre sentenze in arrivo renderanno il compito sempre più impervio. Suona simbolico il fatto che nel giorno della condanna per Ruby si sia dimesso il ministro Josefa Idem, stella dell’atletica italiana incappata in una vicenda di evasione fiscale: durante le Olimpiadi, per tradizione, vige la pax olimpica. Invece, a quanto pare, non c’è pace per l’Italia.
Il governo reggerà ancora un po’, ma rischia di trasformarsi in una zattera in preda alla tempesta, come da felice immagine usata da Marcello Sorgi nell’editoriale odierno della Stampa. Al di là della simpatia o meno che può ispirare il Cavaliere, in questo momento di crisi, con le multinazionali straniere e la finanza internazionale che premono per fare scempio degli ultimi scampoli di ricchezza rimasti nel Belpaese, non c’è molto da rallegrarsi. Urge uno scatto di intelligenza da parte della classe dirigente italiana. Anche se, data l’attuale pochezza (un tempo gran parte dei parlamentari italiani non avrebbero potuto nemmeno fare i consiglieri circoscrizionali), non c’è molto da illudersi.