Obama, Snowden e i diritti umani dei cittadini dell'Occidente
Tempo di lettura: 2 minutiIn un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 3 luglio (titolo: l’Ossessione del controllo nata negli Usa dopo l’11 settembre), Sergio Romano si sofferma sulla vicenda dell’analista della Cia Edward Snowden, analizzando la contraddizioni della presidenza di Barack Obama. Questi, eletto dopo le gravi violazioni ai diritti civili dell’amministrazione Bush – varate in nome della sicurezza dopo l’11 settembre -, sembrava dovesse «restaurare l’ordine costituzionale» violato. Ma Obama, che aveva ereditato le derive nate nella precedente amministrazione, è stato costretto a concessioni verso i militari e verso gli apparati di sicurezza. Conclude Romano: «Julian Assange, fondatore di Wikileaks, non è simpatico e le sua apparizione sulla scena internazionale ha colto una domanda di pulizia e trasparenza […]. Edward Snowden, dal canto suo, ha qualche merito in più. Mentre Assange ha rivelato segreti militari (una categoria che molti considerano legittima), Snowden dice al mondo che gli Stati Uniti entrano sistematicamente nelle nostre case e nella nostra vita. Tutto ciò è accaduto, per di più, in una fase in cui l’America non perdeva occasione per rimproverare a Vladimir Putin la sua sistematica violazione dei diritti umani e ai cinesi le loro scorrettezze cibernetiche [hackeraggio contro gli Usa ndr.]. Non è sorprendente che russi e cinesi si comportino con la soddisfazione di chi finalmente è in grado di saldare il conto. E non è sorprendente che Snowden diventi tanto più popolare quanto più l’America cerca di processarlo per alto tradimento. Quanto all’Europa non v’è ragione per cui debba astenersi dal dire a Washington che un rapporto di amicizia è tale soltanto quando non è sfacciatamente ineguale. Ma in ultima analisi il fattore di cui Barak Obama dovrà tenere maggior conto è la sua opinione pubblica. Se gli americani gli chiederanno pulizia», dovrà ottemperare.