La svolta iraniana, tra speranza e perigli
Tempo di lettura: 2 minutiPericoli esterni e interni per Hassan Rohani, appena insediato presidente dell’Iran dopo una vittoria imprevista che consegna il Paese a un leader realista e moderato, il quale, nel discorso inaugurale, ha parlato di dialogo con l’Occidente. Di questi pericoli fa cenno Roberto Toscano in un articolo sulla Stampa del 6 agosto (nell’articolo, intitolato: Rohani, il riformismo del realista), spiegando come «i conservatori e gli “ultra” del regime sono stati clamorosamente sconfitti alle elezioni, ma restano ben insediati nelle strutture di potere del Paese».
Sul piano internazionale, poi, – continua Toscano – resta il nodo dei rapporti con gli Usa e Israele: «Il fatto che la Camera dei rappresentanti americana abbia approvato pochi giorni prima della inaugurazione del governo di Rohani nuove e più pesanti sanzioni non è certo promettente, tanto più che sarebbe ben difficile per Rohani, esposto alle facili critiche dei conservatori, mantenere la disponibilità al dialogo di fronte a una chiusura americana. Il Presidente Obama, d’altra parte, sembra orientato in modo ben diverso, e subito dopo l’inaugurazione di Rohani il portavoce della Casa Bianca ha manifestato un’apertura condizionata […]. Non va dimenticato Israele, dove Netanyahu – cui forse già manca Ahmadinejad, avversario ideale per giustificare il suo oltranzismo – insiste che Rohani è “un lupo travestito da agnello” e ha subito preso l’occasione di una dichiarazione di Rohani sulla Palestina (distorta e resa ben più minacciosa dalle stesse fonti iraniane nella traduzione inglese) per ribadire che l’Iran continua a perseguire la distruzione di Israele».
Nonostante le tante pressioni, esterne e interne (non ultima quella degli ultra-riformisti iraniani che incalzano il regime da sinistra), resta che la presidenza di Rohani segna un punto di svolta, nel quale Toscano invita a sperare. E non solo lui.