23 Agosto 2013

Francesco, gli ebrei e il mondo moderno

Francesco, gli ebrei e il mondo moderno
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Nel suo blog, Dan Vittorio Segre ha commentato un articolo apparso sul quotidiano israeliano Ha’Aretz a firma di Carlo Strenger, il quale, dopo una controversa elezione del rabbino di Gerusalemme caratterizzata da grande conflittualità, ha provocatoriamente proposto di eleggere a quella carica papa Francesco. Scrive Segre: «Una proposta provocatoria come quella di Strenger, priva naturalmente di ogni sostanza e dettata dalle beghe israeliane interne, dimostra quanto sia oggi larga l’influenza morale e simbolica del nuovo vescovo di Roma». Per Segre, riprendendo il giornalista del New York Times James Carrol, la popolarità del nuovo vescovo di Roma deriva dal fatto che questi ha posto fine al conflitto tra Chiesa e modernità caratterizzato da una politica ultradifensiva della prima. E perché «ha inaugurato quella Carroll definisce “la cultura della solidarietà”. Una cultura che, nel mondo della povertà, è diventata la nuova strategia papale. Una strategia che, ovviamente, fa appello anche ai poveri spiritualmente. Costoro, nelle società materialiste e violente della nostra epoca, rappresentano masse in continua crescita». Una propensione alla solidarietà che va di pari passo al «richiamo al dovere e alla difesa della giustizia. Una giustizia che è stato uno dei motori della primavera araba e che ha anche provocato, in Israele, per ragioni molto differenti, la nascita di un “governo sociale” dopo venti anni di governi di destra nazionalista.
Difendendo il dovere e il bisogno di giustizia, l’appello di papa Francesco risuona con forza e senza bisogno di interpretazioni né dell’intermediazione dei media. Un messaggio che spazia da piazza Tienanmen alle favele brasiliane, passando per l’Egitto il resto del mondo arabo».

 

Nota a margine. Un passaggio dell’articolo di Segre, quello riguardante la passata politica ultradifensiva della Chiesa – concetto ripreso da Carrol – lascia perplessi, dal momento che l’argomento meriterebbe in realtà  un dibattito più ampio (la Rerum novarum, Paolo VI, per fare esempi molto banali…). Ma, nella sostanza, stupisce e conforta che un ebreo riesca a cogliere certi aspetti del pontificato di Francesco in  maniera così delicata e intelligente.

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