Anna Foa: il nazismo, il Vaticano e gli ebrei di Roma
Tempo di lettura: 2 minutiUn accordo tra il Vaticano e i nazisti per risparmiare ulteriori tragedie agli ebrei romani? È l’ipotesi formulata dalla storica Anna Foa nel suo ultimo libro Portico d’Ottavia n.13. Una casa nel ghetto nel lungo inverno del ’43 (Laterza). Dopo il blitz del 16 ottobre, rammenta la Foa, nel quale i nazisti portarono a termine in maniera scientifica la loro sciagurata opera, qualcosa cambia, nonostante le persecuzioni continuino a flagellare la comunità ebraica. Scrive la storica: «Una domanda emerge dal racconto di tutte quelle vicissitudini […]. Se la presenza degli ebrei in un quartiere in cui tutti li conoscevano e nelle stesse case dove abitavano prima era abituale e prevedibile, perché non ci sono state altre razzie? I mille arresti successivi, fra il novembre 1943 e il giugno 1944, sono avvenuti solo in minima parte parte ad opera dei tedeschi, e anche questi per la maggior parte su segnalazione di spie italiane, e per il resto ad opera dei fascisti, bande irregolari o poliziotti che fossero. Perché, dal momento che era ancora possibile trovare ebrei nelle loro case, in particolare nella zona del ghetto, almeno i fascisti che erano alle dirette dipendenze di Kappler non hanno fatto uso delle famose liste che esistevano a Roma in numerose copie e di cui Danneker si era avvalso il 16 ottobre? Fra le possibili ipotesi, c’è quella di una sorta di patto con il Vaticano, risultato dei colloqui fra il segretario di Stato Maglione e l’ambasciatore Weizsäcker, come suggerito dalla frase assai oscura scritta alla fine di ottobre dal rapporto dello stessoWeizsäcker a Berlino: “Qui a Roma indubbiamente non saranno più effettuate azioni contro gli ebrei”».
Ad anticipare brani del libro di Anna Foa è stato l’Osservatore romano del 9 ottobre.