La riforma della Chiesa
Tempo di lettura: 3 minutiSull’Osservatore romano del 31 ottobre, Jean-Marie Guénois, intervenuto a un convegno organizzato dai giornali La Vie e Prier, ha delineato un’analisi del Pontificato di papa Francesco, in particolare soffermandosi sulla “riforma” che è chiamato a realizzare. E ha spiegato che nell’ultimo conclave i cardinali hanno chiesto al nuovo papa una cosa «semplice»: «rimettere ordine nel governo centrale della Chiesa cattolica, la curia romana, ripartire alla conquista dei territori perduti della Chiesa cattolica, quei deserti d’indifferenza sovrappopolati ma totalmente gelati per la proposta cristiana […]. Tale “richiesta” passata al futuro Papa è grande ma allo stesso tempo piccola. Non è in ogni caso “rivoluzionaria”».
Un papa, quindi, non un rivoluzionario, secondo Guénois, che afferma: «I cristiani di sinistra o progressisti, dovrebbero meditare sulle radici o fonti spirituali classiche e marcate a cui questo papa si abbevera ogni mattina per trarre la forza per la giornata. Egli ha imposto san Giuseppe nel canone della messa, venera la Vergine Maria, a lei ha consacrato il mondo, e punta il dito senza complessi contro il “diavolo e le sue opere” per indicare meglio la rotta, drastica, e la scelta da fare, quella di Cristo».
E conclude: «Dunque dov’è questa riforma, una volta esplicitata la parte del mito e dell’illusione del clima attuale?
In Benedetto XVI prima di tutto. È stato lui il grande riformatore. Sua è stata la grande riforma dell’11 febbraio [le dimissioni da papa ndr.]! È inutile ritornare sui dettagli, sulla sua motivazione, sulla sua portata. È e resterà un atto storico per la Chiesa del XXI secolo, come lo sono stati i concili dell’età contemporanea. Secondo elemento: la massima di Francesco, “la prima delle riforme è quella di se stessi”, è il cuore, la pila atomica di tutto il suo programma. Terza osservazione: la vera riforma di questo pontificato avverrà senza dubbio più all’esterno della Chiesa cattolica che all’interno, soprattutto per il fatto di saper toccare i cuori e le menti di vedere ritornare le intelligenze e le anime allontanatesi, indifferenti alla bellezza del cristianesimo, eccezionale patrimonio dell’umanità.
Come Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Francesco apporterà la sua pietra all’edificio del successore di Pietro, sapendo che lascerà sicuramente alcune belle pietre intarsiate, che modificheranno forse l’equilibrio passato, ma che soprattutto renderanno testimonianza di un atteggiamento e di un messaggio fondamentale, che saranno i suoi veri vettori d’influenza, sull’esempio del carisma unico di ognuno dei suoi predecessori. Dimostrando così che la vera riforma, profonda, duratura, provvidenziale, che un Papa può compiere, si realizza a volte a sua insaputa. Ed è bene che sia così».
Nota a margine. In genere siamo restii a pubblicare analisi sul Pontificato di Francesco. Abbiamo fatto un’eccezione per alcune osservazioni contenute nei brani riportati, tra le quali quell’accenno che vede il papa come un semplice successore di Pietro, al quale mal si adatta l’etichetta di progressista (un po’ come accadeva a Ratzinger, etichettato come conservatore). Schemi del passato, poco interessanti.
Ma al di là di queste considerazioni, appare invero stupendo quell’ultimo cenno. Che sottende la cosa più importante: che le riforme, nella Chiesa, le fa il Signore. Attraverso lo Spirito santo che lavora secondo disegni che, per fortuna, non sono nostri. Così che i tentativi umani, necessari, non possono che avere fondamento nella preghiera e avere termine nella preghiera: che il Signore faccia secondo la Sua volontà. E trovano ausilio e sostegno nelle preghiere dei singoli fedeli che, da ogni dove (anche dal paradiso e del purgatorio, come ha accennato ieri il Papa parlando della comunione dei santi), si affidano, e affidano la Chiesa e il mondo, alla misericordia del Signore.
Così è di conforto, anche in questo senso, l’insistenza di Francesco sulla preghiera. Come è di conforto anche rammentare quella stupenda catechesi di Benedetto XVI che, il 12 settembre del 2012, spiegava come nessuna preghiera è vana.