Camus e lo scontro di civiltà
Tempo di lettura: 2 minutiUn testo inedito dello scrittore francese Albert Camus. A pubblicarlo è l’Avvenire del 3 novembre ed è sorprendente per lucidità e preveggenza. Alla fine della guerra, il grande scrittore francese scrive di un mondo ormai interdipendente, presagendo la globalizzazione: un mondo in cui «non c’è, una sola sofferenza isolata, una sola tortura in questo mondo, che non si ripercuota nella nostra vita di ogni giorno» e dove «nessun problema economico è risolvibile oggi al di fuori della solidarietà tra le nazioni».
Ancora più sorprendente il finale: «Lo scontro tra gli imperi [Usa-Urss ndr.] è già sul punto di diventare secondario rispetto allo scontro di civiltà. Le civiltà coloniali, infatti, fanno sentire da ogni parte la loro voce. Tra dieci anni, tra cinquant’anni, sarà la preminenza della civiltà occidentale a essere messa in discussione. Tanto vale, perciò, pensarci subito e aprire il Parlamento mondiale a queste civiltà, perché la sua legge diventi davvero universale e universale sia l’ordine che sancisce. Sì, oggi quelli che vanno combattuti sono il silenzio e la paura, e con essi la separazione che provoca nelle menti e nelle anime. Quelli che vanno difesi sono il dialogo e la comunicazione tra tutti gli esseri umani. La schiavitù, l’ingiustizia, la menzogna sono le piaghe che spezzano questa comunicazione e impediscono il dialogo. Per questo dobbiamo rifiutarle. Ma queste piaghe sono ancor oggi la sostanza stessa della storia e per questo molti le considerano mali necessari. È bensì vero che noi non possiamo sottrarci alla storia, che ne siamo immersi fino al collo. Ma possiamo pretendere di lottare nella storia per preservare quella parte dell’uomo che non le appartiene».
Lucido, intelligente e, nella parte finale, nella quale accenna, di fatto, all’eterno («che non appartiene alla storia»), commovente.
Titolo della pubblicazione di Avvenire: Punti fermi per evitare lo scontro di civiltà.