15 Novembre 2013

Francesco alleato di Napolitano

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Abbiamo scelto il titolo dell’editoriale della Stampa, a firma Marcello Sorgi, per dare conto della visita al Quirinale del Papa. Una visita che Francesco ha fatto alla sua maniera, sobria, percorrendo le intasate vie della capitale su una berlina senza scorta e senza pompa. Finestrini abbassati, per consentire al vescovo di Roma di salutare la gente e di ricevere i loro saluti. Anche Napolitano ci ha messo del suo, ricevendo l’ospite senza cerimoniale altisonante. Ma al di là delle forme, di indubbia simpatia, resta la consonanza tra i due: con Napolitano che tenta di spiegare al Papa che tanto ha insistito sul dialogo che l’Italia è un Paese avvelenato da fumi destabilizzanti e il suo interlocutore a chiedere che la politica dia risposte alla gente che la crisi costringe alla fame. 

 

Difficile che la visita cambi alcunché, ma le parole di Napolitano restano a futura memoria a fotografare la lotta che sta consumando le residue energie dell’Italia. Veleni continui, che esalano fumi funesti e che rendono l’aria irrespirabile, non solo politica, basti pensare all’esasperazione della gente normale, usa ad urlare più che a ragionare di politica, come si fa in tv. E veleni destabilizzanti: ché ormai è palese che il gioco è allo sfascio. A chi sparge veleni, e a chi li propala su giornali e tv non importa nulla della povertà dilagante, interessa solo il ricambio politico. Si chiami Renzi o altro, questi veleni devono solo portare al potere un’altra classe dirigente, nulla importando se questo ricambio porterà al governo persone peggiori delle precedenti, cosa alquanto difficile ma non impossibile. 

 

Il fatto è che nella tragica povertà della classe politica italiana, nella tragica povertà della classe dirigente italiana (che comprende imprenditori, banchieri e intellettuali) il ricambio è secondario rispetto alla fine della guerra politica che da decenni sconvolge l’Italia. Senza questa pacificazione previa, l’unica che può consentire a un qualsiasi governo di affrontare i problemi economici di un Paese ormai in ginocchio, non c’è futuro. Almeno per la gente normale. In fondo è questo il tentativo messo in atto da Napolitano, e da altri uomini di buona o cattiva volontà, attraverso le larghe intese. L’unico tentativo possibile in questo momento. Ma può essere sopraffatto da spinte diverse e, appunto, destabilizzanti.

L’ultima spinta in questo senso riguarda il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, rea di aver aiutato la figlia di Salvatore Ligresti. Lei nega, ribadendo che si è mossa per motivi umanitari, ma altre telefonate sembrano inchiodarla. Forse è caduta davvero sulla buccia di banana del favore all’amico, forse no. Di certo, a parte l’episodio, la donna ha sempre goduto di stima e fiducia bipartisan ed è probabilmente la figura più competente del governo. Forse rimarrà al suo posto; forse, se la marea continua a montare, sarà costretta alle dimissioni. Singolare che molti dei giornali che l’attaccano, per decenni, ogni giorno, hanno eretto monumenti alle capacità imprenditoriali di Ligresti, magnificandone le magnifiche sorti e progressive. D’altronde Ligresti era parte del salotto buono d’Italia, come anche un altro siciliano prima di lui, Enrico Cuccia (per lunghi anni il primo motore immobile del Belpaese) e, insieme a questi, Michele Sindona, nato a Patti come Cuccia. Dava soldi a tanti Ligresti, soprattutto ai giornali, di uno dei quali era anche azionista non secondario. La Cancellieri ancora non era parte del salotto di servizio, quello della politica, ma solo un funzionario statale. Ma tant’è. 

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