Impressioni da Roma (trittico)
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Foto Massimo Quattrucci, testo Fabio Pierangeli
Ma anche di vicoli di Roma è piena l’infanzia. Con il cuore ricolmo di gratitudine per queste parole scritte da don Giacomo Tantardini in prefazione a Occhi, occhiali e Paradiso (non si era voluto firmare e aveva chiesto a Gianni Dessì di farlo per lui, non ricordo perché!?) riferite in particolare alla bellezza dello stupore dell’infanzia, al racconto Il faro del tempo (vedi Impressioni della settimana scorsa).
E così ho detto anche la seconda cosa che volevo dire ed è il valore del tempo.
Un incontro è vero perché il tempo lo rende più grande e questa è la differenza tra il cristianesimo e tutto il resto. La differenza umana. Perché l’incontro con l’avvenimento cristiano, da un certo punto di vista, è identico agli incontri più soliti e più banali della vita. L’incontro per cui siamo cristiani non ha umanamente nessuna diversità dall’incontro con la ragazza o dall’incontro con gli amici. Umanamente tutto inizia così. Tutti noi siamo qui perché è accaduto un incontro banale con delle persone. E all’inizio nessuno poteva immaginare quale realtà di vita e di vittoria questo incontro conteneva. E lo stupore all’inizio, come dire, è stato simile allo stupore di tanti altri incontri umani.
Invece la diversità ultima è che tutti gli altri incontri umani accrescono – col tempo – la paura della morte. Più sono veri e più accrescono la paura della morte. Più sono veri e più allontanano il presentimento proprio dell’infanzia di poter essere amati veramente. E invece questo incontro, identico agli altri incontri, identico come fattura umana, dura, rimane, cresce col tempo.