La Cina e le scuole africane
Tempo di lettura: < 1 minute«Il nome è accattivante, di quelli che riscuotono un immediato consenso: “Speranza”. Il Projetct Hope China, tra il 2008 e il 2011, ha costruito 17.900 scuole nelle aree rurali più povere della Cina, ha deciso di sbarcare in Africa, La missione resta la stessa: costruire scuole. Racconta Yan Shi, vice-direttore del progetto: “Molte delle scuole rurali che abbiamo visitato in Africa sono fatte di fango e sterco. In Kenya ne abbiamo vista una senza mura: aveva solo una lavagna con alcune sedie che fungevano da sedie per i bambini”». Così sull’Avvenire del 15 dicembre Luca Miele descrive la nuova iniziativa cinese destinata alle popolazioni africane. Da tempo l’Africa è diventata centrale negli interessi del Dragone, dal momento che l’espansione economica cinese ha bisogno di materie prime. Gli investimenti cinesi nel continente africano ammontavano, nel 2011, a 150 miliardi di dollari, riporta Miele, con una crescita impressionante rispetto agli anni precedenti. La politica del Dragone è quella di approvvigionarsi di materie prime in cambio di infrastrutture. C’è chi vede in questo espansionismo un pericolo, ovvero quello di un nuovo sfruttamento, più soft, del continente dimenticato. Ma se l’alternativa è quella mostrata dalle ex potenze coloniali negli ultimi anni, una spoliazione delle risorse senza freni, questa è di gran lunga migliore. Almeno i cinesi qualcosa lasciano dietro di sé, non solo macerie.
Titolo dell’articolo di Avvenire: Mani sull’Africa: gli affari si fanno a senso unico.