Notes, 11 febbraio
Tempo di lettura: 3 minutiDimissioni. Un anno fa si dimetteva Benedetto XVI. Un gesto senza precedenti nella storia della Chiesa. Che il Papa ha motivato con l’impossibilità di portare avanti il Pontificato. Tanti si sono arrovellati su questo gesto, cercando ragioni, motivi. Certo, nella Curia, e anche fuori la Curia, il peccato era diventato metastasi.Tanto da infiltrare e bloccare qualsiasi tentativo di far entrare sangue sano in un corpo gravemente ammalato. E più che il peccato, la corruzione, ché il peccato è sempre stato, a volte sovrabbondato, in seno alla Chiesa. Ma la corruzione morale, insegna papa Francesco, è più terribile. E insieme alla corruzione morale la corruzione della dottrina cristiana (il pericolo di una Chiesa gnostica denuncerà Francesco).
Ecco, Benedetto XVI l’aveva anche detto. E ripetuto anche. Non solo che esistevano lotte fratricide nel clero e nell’alto clero, nella Curia e fuori dalla Curia (non è che la Curia fosse il ricettacolo dei cattivi in un ambito puro, sarebbe sciocco solo ipotizzarlo). Ma sopratutto, e questo è ben più importante, a Benedetto XVI era chiaro che «la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento». Una frase che aveva ripetuto più volte, come a cercare qualcuno che capisse. Ma a quanto pare, non molti capivano. E quelli che capivano erano come lui, impotenti. Questa era la situazione. Questa la tragica situazione che aveva davanti Benedetto XVI. E questo il motivo per il quale sentiva che occorreva fare qualcosa. Non sapeva cosa, ma qualcosa andava fatto, era pur Papa. Altri, vaticanisti noti e importanti, hanno immaginato retroscena più o meno astrusi o più o meno verosimili. La verità, semplice, banale, è che le dimissioni di Benedetto XVI sono state un gesto di preghiera. La più umile delle preghiere. Lui, uomo di preghiera, ha chiesto a Dio, al Dio che ha promesso di edificare la Sua Chiesa, di mettere mano in prima persona alle cose, ché i suoi, qui sulla terra, non potevano nulla.
Per questo quella data, l’11 febbraio, la festa della Madonna di Lourdes. Oggi. A rimettere nelle mani della dolce Signora l’inestricabile vicenda. Lei che a Cana aveva supplicato suo figlio, il suo dolce figlio, di mutare l’acqua in vino. Lei che con quella supplica materna aveva ottenuto il miracolo.
Allora, più che da parole, quel gesto di un anno fa sembra possa essere spiegato da versi. I versi di un poeta che aveva provato una simile angoscia. Tre figli malati (il Papa ne aveva molti di più) e un’amara impotenza. Ed era ricorso alla dolce Signora. Un Papa, Benedetto XVI, un poeta, Charles Péguy:
Allora aveva fatto un colpo (un colpo d’audacia), ne rideva
ancora quando ci pensava.
Si ammirava anche un po’. Ed era anche un po’ il caso. E ne fremeva ancora
Bisogna dire che era stato piuttosto ardito e che era un colpo
ardito.
Eppure tutti i cristiani possono fare altrettanto.
Ci si domanda perfino perché non lo facciano.
[…] Lui aveva detto, con la preghiera aveva detto: Non ne posso più.
Non ci capisco più nulla. Ne ho fin sopra la testa.
Non voglio saperne più nulla.
La cosa non mi riguarda.
(Bisogna che Francia, bisogna che cristianità continui.)
Prendili. Te li do. Fanne quel che vorrai.
Io ne ho abbastanza.
Colei che è stata la madre di Gesù Cristo può ben essere anche la madre di questi due maschietti e di questa bambina.
Che sono i fratelli di Gesù Cristo.
E per i quali Gesù Cristo è venuto al mondo.
Cosa ti può fare questo. Ne hai tanti altri.
[…] È perfino curioso che non tutti i cristiani facciano altrettanto.
È così semplice.
Non si pensa mai a ciò che è semplice.
Si cerca, si cerca, ci si dà da fare, non si pensa mai alla cosa
più semplice.
Il gesto più ardito di un Papa in duemila anni di storia. E, insieme, il gesto più semplice della storia della Chiesa. Talmente semplice e puro che ha meritato il miracolo del Signore. Grazie Santità (emerita).