Obama in Estremo Oriente: per contenere la Cina ed evitare conflitti
Tempo di lettura: 2 minutiNuova visita in Estremo Oriente per Barack Obama, teatro del confronto incandescente tra Cina e Giappone, ma anche, a più basso livello di tensione, tra Cina e altri Paesi dell’Estremo Oriente (ma gli attriti non mancano neanche tra Stati accomunati dalla preoccupazione per l’espansionismo cinese). Il viaggio di Obama serve a rilanciare la presenza, anche diplomatica, degli Stati Uniti in un’area considerata di interesse primario per la geopolitica di Washington, dal momento che in questa zona si concentra il 40% del commercio mondiale e che risulta vitale per lo sviluppo dell’economia cinese, la cui ascesa è vista con preoccupazione da diversi ambiti occidentali, politici ed economici. Secondo Massimo Gaggi, che ne scrive sul Corriere della Sera del 23 aprile, la visita, nelle intenzioni del Presidente degli Stati Uniti, vorrebbe «favorire una soluzione alle dispute territoriali della Cina coi suoi vicini attraverso negoziati anziché attraverso pericolose prove di forza. Ma qui ha le mani parzialmente legate dalle antiche, profondissime rivalità tra i Paesi dell’area e dalla diffidenza della Cina che vive la missione di Obama in Estremo Oriente come un “grand tour” del contenimento delle ambizioni della Cina. Quello di Obama è diventato un lavoro pressoché impossibile. Se rassicura militarmente gli alleati provoca reazioni furiose della Cina come quella sperimentata dal capo del Pentagono Chuck Hagel, nel suo recente viaggio a Pechino. Se insiste sui toni conciliatori alimenta il sospetto dei partner che in caso di attacco in Asia, l’America potrebbe anche non intervenire in difesa dei suoi alleati con sufficiente vigore».
Colpisce anche che il viaggio sia messo in agenda proprio mentre si surriscalda la crisi Ucraina, che vede un confronto serrato tra Stati Uniti e Ucraina. Possibile che negli Stati Uniti c’è chi vorrebbe evitare che si saldi un asse Mosca – Pechino, di fatto già funzionante su diverse direttrici.