Yehoshua: accordandosi con Fatah, Hamas riconosce indirettamente Israele
Tempo di lettura: 2 minutiContinua a suscitare controversie la riconciliazione tra le tra Fatah e Hamas in Palestina, in particolare perché quest’ultimo non riconosce lo Stato d’Israele ed è considerato un movimento terrorista. Abraham Yehoshua ne ha scritto sulla Stampa del 30 aprile, in un editoriale dal titolo significativo: Raccogliamo la sfida di Abu Mazen.
Scrive lo scrittore israeliano: «Dobbiamo capire che la decisione di Hamas di unirsi al governo dell’Autorita palestinese e di accettare le sue condizioni di base per una pace con Israele è sostanzialmente l’ammissione di un cambiamento di rotta (nonostante questo non venga dichiarato ufficialmente). Hamas sa che alla fine dovrà riconoscere la realtà di Israele e non potrà continuare la politica fallimentare e distruttiva che ha intrapreso dopo il ritiro dello Stato ebraico dalla Striscia di Gaza».
Per Yehoshua, l’accordo nasce anche dall’attuale debolezza di Hamas, il quale, tra l’altro, ha perso il supporto politico dei Fratelli musulmani in Egitto; la «svolta» di Hamas allora nasce dalla «consapevolezza che la situazione si fa via via più difficile. Quindi, a mio parere, l’iniziativa di Hamas non è una tattica momentanea ma nasce dalla volontà di sfuggire alle difficoltà e di riconoscere indirettamente la legittimità di Israele tramite l’Autorità palestinese, che da molti anni ha imboccato la via della pace».
E ancora: il presidente dell’Anp Abu Mazen «dice la verità quando ribadisce che le condizioni fondamentali per una pace con Israele – il ritorno ai confini del 1967, Gerusalemme Est come capitale dello Stato palestinese, eventuali scambi territoriali e l’accettazione delle condizioni di Israele in materia di sicurezza […] – non cambieranno con l’adesione di Hamas al suo governo».
E conclude: «Ma quando il primo ministro israeliano mostra tanta poca considerazione verso il partner di pace palestinese più serio che abbiamo mai avuto nel corso di questo conflitto vecchio più di centovent’anni, come si può sperare che la recente iniziativa di unificare il popolo palestinese, da sempre lacerato e diviso, abbia esiti positivi? Quando Abu Mazen, il presidente legittimamente riconosciuto di tutto il popolo palestinese, parla con grande empatia della sofferenza degli ebrei durante la seconda guerra mondiale nel giorno della memoria […] e dichiara che la Shoah è il più grande crimine della storia umana, il premier israeliano reagisce con disprezzo, definendo le sue parole “una dichiarazione vuota”. E in effetti non c’è da stupirsi che un leader che rilascia a sua volta dichiarazioni vuote tenda a credere che anche gli altri si comportino come lui».
Nora a margine. CI scusiamo per la lunghezza della nota, ma non capita spesso di trovare su giornali articoli di tale intelligenza e chiarezza.