La Cina dal mito del comunismo a quello del nazionalismo
Tempo di lettura: 2 minutiSale la tensione tra il Dragone e i vicini asiatici. Oltre al confronto con il Giappone, la Cina si trova al centro di una serie di contese con i Paesi che affacciano sul Mar Cinese, sul quale essa vuole allargare la propria sfera di influenza, non solo per via del petrolio che vi si trova. C’è un paradosso in questi conflitti regionali, scrive sul Corriere della Sera del 16 maggio Sergio Romano, «la Cina sembra essere motivata da considerazioni economiche, ma sta litigando con Paesi, soprattutto Giappone e Vietnam, che hanno importanti scambi commerciali con Pechino e contribuiscono con le loro industrie al prodigioso sviluppo economico della Repubblica popolare». Tale paradosso, secondo Romano, si spiega con altro: il fatto che la Cina vuole coniugare questa crescita dell’economia, dovuta alla liberalizzazione della stessa, con la stabilità interna e teme, invece, «non senza ragione che lo sviluppo economico possa minacciare la stabilità del regime». Lo sviluppo economico, infatti, ha prodotto nuove «aspettative», incremento demografico, nuove bocche da sfamare e nuovi fermenti – malcontento, manifestazioni, rivolte popolari. Problematiche sociali alle quali Pechino non può rispondere ricorrendo «come in passato, al mito comunista di una società in cui tutti, prima o poi, saranno eguali e felici». Da qui il ricorso a un altro mito, quello nazionalista. Conclude Romano: «Ha bisogno dell’industria giapponese, ma deve rievocare periodicamente lo “stupro di Nanchino” del 1937. Ha bisogno dei mercati dei Paesi da cui è circondata, ma deve rivendicare la proprietà dei loro mari. E suscita timori a cui risponde aumentando le sue spese militari: come se quelle spese non avessero l’effetto di raddoppiare i timori degli Stati Uniti e dei suoi vicini. Sappiamo che in molti casi la Cina ha saputo dare prova di una straordinaria saggezza. Speriamo che anche in questo caso non ci deluda».
Nota a margine. Analisi lucida e perfetta da parte di Sergio Romano. Alla quale si può sommessamente aggiungere che il nazionalismo cinese trova alimento, per reazione, anche dalla politica di contenimento dispiegata dagli Stati Uniti, che fa dei vicini del Dragone suoi potenziali avversari. Così che per favorire la distensione nel Continente alla saggezza di Pechino si dovrebbe accompagnare quella di Washington, chiamata a tutelare i propri interessi nel Pacifico senza inasprire le già tese relazioni asiatiche.