Un disgelo inevitabile per la crisi Ucraina
Tempo di lettura: 2 minutiIn un’articolo pubblicato sull’Avvenire dell’8 giugno, Fulvio Scaglione analizza i primi passi del disgelo tra Putin, il nuovo presidente ucraino Petro Poroshenko e i leader occidentali, avvenuto in occasione della celebrazione dello sbarco in Normandia (nel corso della quale il leader del Cremlino ha avuto modo di parlare, seppur poco, con i suoi antagonisti). Un disgelo in qualche modo obbligato, secondo Scaglione, anzitutto perché la situazione è diventata «insostenibile», dal momento che non può essere tollerato a lungo un «focolaio di guerra civile nel cuore dell’Europa». E ancora: «Per i protagonisti è il momento giusto per trattare. Poroshenko in Normandia è entrato nei “Grandi”, si è insediato a Kiev, ha ribadito che la Crimea è ucraina. Obama ha fatto la faccia feroce, ha impedito al Cremlino di completare l’Unione doganale con il tassello europeo (l’Ucraina, appunto), ha rafforzato la presenza Nato a Est, ha favorito la sostituzione di un regime filo-russo con dal profilo incerto, ma che di sicuro porterà l’Ucraina nella Nato. Putin si è preso la Crimea, ha mostrato di poter creare un sacco di problemi all’Ucraina, non si è lascito isolare (e la Cina, non caso, gli ha dato una mano proprio quando serviva) e ha visto gli europei parlare di sanzioni senza poi fare granché: can che abbaia… Infine l’Europa: trascinata dall’improvvida Ashton e dalla spinta di Obama in un contenzioso in cui aveva solo da perdere, è riuscita a moderare i furori della Casa Bianca senza perdere la faccia davanti al Cremlino. Per tutti, insomma, è l’occasione per mettere in pratica il consiglio che Henry Kissinger, dopo il Vietnam, dava ai politici: dì che hai vinto e vieni via.
Rimangono il problemi di un’Ucraina divisa e in profonda crisi economica, spiega ancora Scaglione, che sono «gli stessi problemi che stavano sul tappeto già prima di piazza Majdan. Per ripartire da lì ci sono voluti centinaia di morti». Titolo dell’articolo: Il disgelo era inevitabile: trattare conviene a tutti. Ma il difficile viene adesso.
Nota a margine. Scaglione avverte di moderare l’ottimismo. E ha ragione: nell’Est dell’Ucraina si continua a morire, con i civili sotto le bombe dei liberatori di piazza Majdan nel silenzio dei media occidentali, di solito pronti a dare lezioni di libertà e democrazia (una pagina vergognosa dell’informazione occidentale, ma non è l’unica di recente). Inoltre la matassa di problemi da risolvere è talmente ingarbugliata che ci vorrà tempo per trovare un bandolo “condiviso” per sbrogliarla (da capire se l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, data per certa da Scaglione, faccia parte di questa ipotesi). Ma il fatto che i leader dei due blocchi – il termine da guerra fredda non è casuale – abbiano ripreso a parlarsi, induce a una cauta, seppur tenue, speranza.