Putin e l'accordo del gas tra Russia e Cina
Tempo di lettura: 2 minuti«A differenza delle precedenti “guerre del gas” Mosca ora ha un margine di manovra più ampio. Il supercontratto di 400 miliardi di dollari con la Cina, firmato da Putin a maggio dopo 10 anni di negoziato, apre nuovi orizzonti in Oriente. Nonostante numerosi esperti esprimano dubbi sui reali profitti del costosissimo progetto, la Russia sente di aver rotto la dipendenza dall’Europa. Il capo di Gazprom Alexi Miller ha fatto capire che d’ora in avanti l’Europa dovrà contendersi il gas russo con i cinesi: “La concorrenza per le risorse russe è iniziata ieri”, ha detto il giorno dopo essere tornato da Pechino. E per il Vecchio Continente Miller non ha avuto molte lodi: “Ha perso la gara” per il gas liquido il cui mercato per il 75% è in Asia, i rigassificatori europei non riescono a funzionare a piena potenza e i prezzi non sono competitivi. “Un contratto come quello con i cinesi non si trova certo in Europa”, ha ironizzato, notando che la Cina in un solo giorno ha raggiunto gli stessi volumi di acquisto di metano fatti dalla Germania in 40 anni. E promette che la scoperta della Cina “si ripercuoterà sui prezzi europei”, presumibilmente al rialzo». È l’incipit di un articolo pubblicato sulla Stampa, autrice Anna Zafesova, il 17 giugno,
(Titolo dell’articolo: L’azzardo di Zar Putin Puntare tutto sulla Cina)
Nota a margine. Nello scritto della Zafesova, anche l’ipotesi di un raccordo tra i giacimenti di gas della Siberia occidentale, quelli collegati all’Europa, e i gasdotti cinesi, in modo da dirottare alla bisogna altre risorse in Oriente. Il nuovo corso del gas russo suscita interrogativi, in particolare da parte dell’Europa, sulle reali intenzioni di Mosca e sui possibili sostituti al gas russo, ovvero lo shale gas Usa o altro. Ci si interroga anche sulla sostenibilità economica, da parte di Mosca, di un simile progetto, dimenticando che a Mosca come a Pechino comanda ancora la politica, non la grande finanza. E la mossa di Putin è anzitutto politica, dettata dall’inaffidabilità dell’Occidente che, con la crisi ucraina, ha lanciato una sfida all’ultimo sangue al Cremlino. Per Mosca, quindi, l’accordo con la Cina è questione strategica e di sopravvivenza, per la quale può investire anche più del necessario. L’Europa, trascinata nella sfida ucraina dalle sirene neocon (non solo made in Usa), rischia di pagare conseguenze enormi sul medio periodo.