Tutto è sempre grazia. La continuità è data sempre da un nuovo inizio
Tempo di lettura: 3 minutiDon Tommaso Latronico era un carissimo amico di don Giacomo Tantardini. L’uno in Basilicata, parroco a Nova Siri, l’altro sacerdote a Roma ma di natali ambrosiani, erano stati afferrati dallo stesso destino che li aveva fatti cristiani e sacerdoti. Ma forse mai la loro unità è stata così forte come quando don Tommaso si ammala di leucemia. Don Giacomo lo vuole a Roma, dove l’amico si sottopone alle terapie del caso, devastanti. Non va bene, don Tommaso muore il 20 luglio del ’93. La sera, nella messa in suffragio dell’amico, affranto dal dolore, don Giacomo dirà: il Signore non ci ha concesso il miracolo della guarigione di Tommaso. Ma quando il Signore non compie i miracoli che chiedono i suoi è perché vuole fare altri miracoli, più grandi (questa predica di don Giacomo mi era capitata tra le mani, ma purtroppo non l’ho più ritrovata, vado a memoria). A guardare la storia di questi anni, le addolorate di quella lontana suonano oggi felice profezia.
Don Giacomo non mancò mai di dire la messa in suffragio del suo amico sacerdote, nel 20 luglio di ogni anno. A ricordo di un amico scomparso e per ringraziare per i miracoli che il Signore aveva accordato in seguito a quella dipartita prematura, come da promessa (il Signore non promette mai invano).
Di seguito pubblichiamo brevi stralci di alcuni scritti di don Tommaso ripresi da un libro pubblicato dai suoi amici.
«O giovinezza, non ti ho perduta…! se qualcosa riaccade, oggi, se gli occhi che faticano a seguire le lettere, pure scorgono volti e gesti, se non è il ricordo a rendere amici ma una cosa nuova e viva che sta accadendo ora, o giovinezza non ti ho perduta….»
«Poi i fatti: la decisione di ricoverarmi a Roma presa con Giacomo, la clinica, i cicli di cura, la compagnia davanti agli occhi, la casa di Casalbertone e di nuovo dentro la vita: il rapporto di Giacomo con i ragazzi; il suo e il loro cambiamento, le cose di don Giussani (tutto è sempre Grazia. la continuità è data sempre da un nuovo inizio…). Perché smarrirmi allora se non si comprende, ma è tanto reale? “La vita non la decidiamo noi”, mi ha scritto Fabio. La Vita non la decidiamo noi, non solo come seguito di giorni, ma come inizio nuovo di Grazia. “Stare, guardare, dire di sì”».
«Ringrazio Dio che mi ha dato 40 anni di vita, l’incontro con Lui e tanti peccati da non potermi più illudere di farcela da solo».
«Questo è il mistero di cui parla san Paolo: che questo fatto sia incontrabile da un uomo normale, dal pagano che non ha la fede e i comandamenti. Che impressione! Basta un niente (preoccupazione, distrazione, salute) e non si è più nella posizione richiesta dalla memoria, non si domanda, non si comunica… “L’unica cosa al mondo è ricominciare e questo è possibile solo se si è perdonati”»
«L’unica posizione per essere cristiani è guardare a Cristo come si è fatto riconoscere. Qui è tutta la differenza tra l’esperienza cristiana e le altre religioni: che il cristianesimo ti dice:”Guarda”».
«Anche Giuda ha fatto un incontro vero (un giorno venne quest’uomo [il riferimento è a una canzone ndr.]), anche lui si è stupito di un accento unico, lo ha seguito, “ma poi passavano i giorni e il Regno suo non veniva”. Perché non veniva quel Regno? Perché era già presente, era Lui presente e invece in Giuda prevalevano immagini, pensieri, progetti. Non si stupiva più, non si stupiva di Zaccheo, della Maddalena… la differenza tra gli uomini non è allora tra chi è santo e chi è peccatore, ma tra coloro che guardano e coloro che Lo tradiscono (“con gli occhi rivolti a fuggire”)».
“L’esperienza cristiana va di inizio in inizio, per inizi che non sono destinati a finire”. È qualcosa che viene prima non solo all’inizio, ma ad ogni momento che segue all’inizio: è qui che entra in gioco la Grazia “mobile, fantasiosa, imprevedibile”. Il volto della Grazia è l’incontro con una presenza umana diversa: non sai da dove viene e dove va, ma ne senti la voce: così è dello Spirito (Gv 3,8)”