Notes, 4 agosto 2014
Tempo di lettura: < 1 minuteC’è un librettino blu che don Giacomo Tantardini teneva sempre con sé, in camera, in particolare negli ultimi anni della sua vita. Conteneva alcuni pensieri e fioretti del santo Curato D’Ars, patrono dei sacerdoti, di cui oggi ricorre la festa. Riportiamo un piccolo passo di questo libretto, di conforto a tanti livelli.
«Tutte le buone opere insieme non equivalgono al santo sacrificio della messa: esse, infatti, sono opere degli uomini, mentre la messa è opera di Dio. Il martirio è nulla al suo confronto: è l’uomo che sacrifica a Dio la sua vita, ma la messa è Dio che sacrifica all’uomo il suo corpo e il suo sangue. Alle parole del sacerdote, Nostro Signore scende dal cielo ed entra in una piccola ostia. Dio fissa il suo sguardo sull’altare. “Ecco, dice, il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. Per i meriti dell’offerta di questa vittima non può rifiutare nulla.
Che bello! Dopo la consacrazione, il buon Dio è lì, nell’ostia, come in cielo!… Se riuscissimo veramente a comprendere questo mistero, moriremmo d’amore. Dio ci tratta con indulgenza a causa della nostra debolezza…
Se qualcuno ci dicesse: “Alla tal ora, verrà resuscitato un morto”, ci affretteremmo sicuramente per assistere all’evento. Eppure la consacrazione che cambia il pane e il vino nel corpo e sangue di Dio, non è forse un miracolo ben più grande della resurrezione di un morto?».