Il Papa e la sovrabbondante consolazione di Dio
Tempo di lettura: 2 minutiCome il buon Pastore non fa il conto del «buon commerciante» che mettendo a bilancio le 99 pecore rimaste con quella smarrita si ferma al proficuo attivo, ma va a cercare la pecorella smarrita, così la Chiesa è chiamata a fare con i peccatori di questo mondo, perché «il popolo ha bisogno di consolazione». Questo l’inizio della riflessione del Papa nell’omelia della messa celebrata presso la Casa Santa Marta il 10 dicembre.
Dopo aver accennato alla infecondità della Chiesa che non sa ricercare le pecorelle smarrite (una chiesa «chiusa in se stessa», magari «ben organizzata»), Francesco ha accennato come la consolazione che viene dallo Spirito «ci porta a uno stato che noi non possiamo controllare: è proprio l’abbandono nella consolazione del Signore […] La consolazione del Signore ci sconvolge. È lui che comanda, non noi
».
E, accennando al salmo di Isaia che annuncia la fine del castigo di Israele e la prossima consolazione del Signore, lo ha commentato spiegando quanto sia sovrabbondante la misura di Dio: «Tu hai peccato cento, prendi duecento di gioia: ma così è la misericordia di Dio quando viene a consolare
». Così è il Signore, che in Isia (capitolo 16) dopo «quell’elenco di tanti peccati del popolo, ma tanti, tanti, alla fine dirà: “Ma io non ti abbandono: io ti darò di più; questa sarà la mia vendetta: la consolazione e il perdono”
».
«Il nostro Dio, il Dio che consola nella misericordia e nel perdono» e che ci chiama a ripetere: «Lasciatevi consolare dal Signore. È l’unico che può consolare
».
Tante le consolazioni del mondo, ha proseguito Francesco, consolazioni “affittate”, ma ci giova solamente il conforto che «viene dal Signore, col suo perdono e la nostra umiltà. Quando il cuore si fa umile, viene quella consolazione e si lascia portare avanti da questa gioia, da questa pace
».