5 Febbraio 2015

Il pilota giordano arso vivo indigna il mondo islamico

Il pilota giordano arso vivo indigna il mondo islamico
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Il video dell’orrore, il pilota giordano arso vivo, doveva essere per l’Isis un nuovo strumento di propaganda. L’ennesima sfida lanciata all’Occidente volta a suggestionare le masse arabe nel tentativo di incrementare le proprie fila di matti pronti a sgozzare in nome di di Allah (in realtà di una perversione satanista della religione islamica). Questo dicono tanti analisti, anche se ci sarebbe tanto da aggiungere e precisare.

 

Comunque, al di là, a questo proposito pubblichiamo un brano di un articolo di Gilles Kepel pubblicato sulla Repubblica del 5 febbraio: «Quest’ultimo crimine è come se avesse innescato l’effetto contrario a quello sperato, e invertito la tendenza che era del’arruolamento volontario e massiccio tra le sue fila. Le fiamme che lambiscono il pilota prima di carbonizzarlo hanno suscitato nella masse del mondo musulmano un sentimento di orrore. Nel suo insieme la comunità musulmana ha rigettato in blocco una setta […] Le manifestazioni nella città natale del pilota bruciato sono state violentissime, e il rifiuto dello Stato islamico ha raggiunto un livello mai registrato prima». Quindi, dopo aver accennato che sul terreno l’Isis, dopo la liberazione di Kobane da parte dei curdi, sta subendo una battuta d’arresto, spiega: «È anche per questo che lo Stato islamico vuole aumentare i suoi effettivi. Ma quanto ha compiuto all’inizio dell’anno sembra aver provocato l’effetto opposto».

 

Nota a margine. Anzitutto si registra un salto di qualità nei filmati prodotti dalla Isis Corporation: video di marca holliwoodiana, nelle inquadrature, negli stacchi, nella colonna sonora. Registi sopraffini, insomma, chissà dove hanno imparato. Una clip che tra l’altro sarà costata davvero tanto. D’altronde, vendendo petrolio di contrabbando, l’Isis ha soldi in abbondanza (il crollo del prezzo del petrolio è favorito anche da questo contrabbando, che si accompagna a quello ad opera dello jihadismo made in Libia, gioia per i consumatori occidentali, dolori per Putin).

 

Davvero belle inoltre le divise sfoggiate nell’occasione: non le solite camice nere di ascendenza nazista, ma da sfilata di moda, con guanti lavorati di fino. Evidentemente l’Isis tiene alla mìse.

Tanta raffinatezza stride in maniera tragica con l’orrore indicibile del contenuto, ma anche questo, evidentemente, è un effetto voluto, appartiene a una sofisticata strategia comunicativa, che è davvero difficile attribuire ai tagliagole griffati.

 

Ultima considerazione: la Giordania per anni ha ospitato campi di addestramento per miliziani da inviare in Siria contro Assad. Istruttori occidentali ovviamente. Campi che ancora lavorano a pieno ritmo. Così che dietro i passamontagna degli aguzzini del pilota è probabile si celino volti noti ai cittadini giordani, ragazzi di belle speranze che in quel campo hanno imparato tecniche e segreti della guerriglia. Sarebbe il caso di chiuderli? Una domanda banale, che invano si cercherà sui giornali mainstream (anzi…). Neanche dopo l’ennesimo orrore.