Siria: guerra artificiale, terrorismo artificiale
Tempo di lettura: 3 minutiPadre Rodrigo Miranda ha visto da vicino la guerra in Siria. È un missionario della famiglia religiosa del Verbo incarnato, ed operava, con i suoi confratelli, presso il vescovo della diocesi di Aleppo, monsignor Nazzaro prima e oggi monsignor Abu Khazen. Aleppo, la città siriana che più di altre ha conosciuto, conosce, gli orrori di una guerra che ormai dura da troppi anni, mattatoio che oscuri apprendisti stregoni non smettono di alimentare. È a Roma oggi, ad approfondire i suoi studi e a rendere testimonianza di quanto ha visto.
«Questa è una guerra artificiale», esordisce quando lo incontriamo all’Università Gregoriana, «dal momento che si parla di guerra civile, ma solo una minima percentuale di quelli che fanno la guerra contro il governo di Damasco sono siriani. Si tratta sì e no del 3% dei ribelli… ad essere generosi il 10%. Tutti gli altri sono stranieri, provenienti da oltre ottanta nazioni diverse. Che guerra civile è mai questa?».
Gli chiediamo dell’Isis, di questo nuovo spettro che oggi aleggia nel suo Paese. Da poco la galleria dell’orrore che ha allestito questa organizzazione criminale si è arricchita di un altro crimine efferato: il rapimento di circa centocinquanta assiri. «Già terribile», dice, «E oggi ne parlano tutti con sgomento. Però non sono certo i primi sequestri che avvengono in Siria. Da quando è iniziata la guerra, al Nusra, una delle tante organizzazioni anti-Assad – la più importante in verità -, ha sequestrato centinaia e centinaia di persone. Facevano le stesse cose che fa ora l’Isis: tagliavano le gole, decapitavano innocenti. Eppure nessuno ne parlava. Perché? Forse perché allora al Nusra era funzionale a un progetto di destabilizzazione della Siria? E ancora oggi è la stessa cosa: al Nusra e le varie bande jihadiste che terrorizzano la popolazione compiono crimini simili a quelli dell’Isis, ma non fanno notizia, perché Assad è il nemico da abbattere e questi tagliagole continuano a essere funzionali a progetti esterni alla Siria…».
Assad non ha una buona fama in Occidente… «Prima che succedesse tutto questo, la Siria era relativamente tranquilla, con i problemi di un Paese normale, anche se con un deficit di rappresentatività che il regime ha inteso colmare. Tra l’altro tutti i funzionari e i politici al governo hanno frequentato scuole cristiane, le migliori in Siria. Ma se dici che il problema di questa guerra non è Assad, ma semmai i suoi nemici, passi per una persona legata al regime. Io sono stato anche critico con Assad, ma di fronte a tanto orrore… il problema è che su questa guerra c’è tanta disinformazione: pensi che quando dei missili colpirono l’Università di Aleppo tutti i giornali occidentali dissero che era stato un crimine di Assad. Io ero là a due passi, mi sono salvato per miracolo, e le posso assicurare del contrario: quel quartiere era controllato dal governo, c’erano anche alcuni centri nevralgici dell’esercito di Damasco. Assad avrebbe fatto bombardare un’area sotto il suo controllo e così importante ai fini della resistenza al nemico?».
«Poi c’è stata la strage di Goutha», prosegue, «quella con le armi chimiche che stava provocando un intervento dell’Occidente in risposta all’atroce crimine attribuito ad Assad… in realtà, quando sono stati diffusi i nomi delle vittime, tutti ci siamo accorti che si trattava di alawiti, la comunità religiosa del presidente siriano. Anche in questo caso Assad avrebbe ucciso i suoi… Tanta, troppa disinformazione in questa guerra».
Torniamo sull’Isis e chiediamo a padre Miranda le sue impressioni su questo nuovo network del terrore. «Sa, quando vedo quei video, quella gente vestita di nero… crede davvero che un arabo vada vestito tutto di nero così? Con 45% gradi all’ombra? E poi quel punto nero è individuabile a distanza nei deserti e nelle pietraie siriane, un obiettivo troppo facile e un vestito troppo insolito per un miliziano arabo (strano, tra l’altro, che i bombardieri non li individuino con la facilità del caso). Come insolita è tutta l’organizzazione di questi terroristi: sono efficienti, tecnologici, usano strategie militari e comunicative all’avanguardia. Non ha i caratteri di un’organizzazione araba. Occidentale piuttosto…».
Gli chiediamo della coalizione anti-Isis, da tempo impegnata in bombardamenti aerei sul suolo siriano: «I bombardamenti, sì… Ad oggi credo abbiano ucciso qualche miliziano di questa organizzazione criminale. Una decina, qualcuno in più. La realtà è che non stanno affatto bombardando l’Isis, ma altre formazioni minori, che poco o nulla hanno a che fare con loro, bande di jihadisti che controllano parti del territorio siriano: una città, dei pozzi petroliferi. Distruggono infrastrutture, poco altro. Sono bombardamenti davvero poco mirati…».
«La realtà», prosegue, «è che si parla tanto dell’effetto: l’Isis, al Nusra, gli jihadisti… ma non si parla mai delle cause. Chi li arma, chi li finanzia? Domande scomode perché poi si dovrebbero cercare le risposte in Arabia Saudita, nel Kwait, nel Qatar e altrove. Cosa che evidentemente non interessa».