27 Marzo 2015

La tragedia del germanwings e il culto della morte

La tragedia del germanwings e il culto della morte
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«Non basta la depressione per spiegare una strage, così come nel caso dei terroristi islamici non basta la fede. Ci vuole il delirio di onnipotenza. E il culto della morte simbolica. Con la sua parte irrazionale il copilota [del Germanwings ndr.] avrà stabilito che proprio l’aereo, la sua vita, diventasse la sua morte. Il resto, cinquantanove esseri umani, gli sarà sembrato un effetto collaterale», scrive Massimo Gramellini sulla Stampa del 27 marzo.

 

Nota a margine. Tra i tanti articoli di tipo sociologico sulla tragedia aerea che si è consumata tra Francia e Germania, questa considerazione di Gramellini merita una citazione. Anche se è possibile, ci permettiamo di aggiungere, che i passeggeri del velivolo non rappresentassero solo un «effetto collaterale» di un sacrificio umano, quello del copilota, ma, nella follia che ha sotteso il gesto suicida, essere essi stessi parte di tale sacrificio. D’altronde il culto della morte e il delirio di onnipotenza portano anche a queste allucinate aberrazioni. 

 

Un’altra considerazione in merito a questa tragedia: nelle prime ore, e per tutto il giorno seguente, si sono intrecciate suggestioni e interventi, anche autorevoli, miranti a collegare la vicenda al terrorismo islamico. C’è certa ossessione sul punto e si chiama islamofobia. Un modo come un altro per esorcizzare la follia omicida identificandola con un mondo altro e diverso dal nostro, quello islamico appunto. In realtà essa trova dimora dappertutto, laddove si aprono le porte all’abisso.