Verso il riconoscimento internazionale del Califfato?
Tempo di lettura: 2 minutiDettagliata analisi di Alberto Negri sul Sole 24Ore del 26 maggio sul conflitto in corso in Iraq e Siria che vede il dilagare del Califfato. Un’analisi che parte dall’intervento Usa, per il petrolio, e dal conflitto tra sciiti e sunniti per l’egemonia sul mondo arabo. Continua Negri: «Ma petrolio e religione non spiegano tutto. Iran e Arabia Saudita non sono i soli ad avere l’ambizione di rifare la mappa del Medio Oriente. Forse anche gli stessi strateghi americani si stanno arrendendo all’idea di costituire un nuovo stato sunnita in Mesopotamia con pezzi di Siria e Iraq per soddisfare il desiderio di rivincita di Riad, per placare i suoi timori rivolti al contentimento dell’Iran ma anche per venire incontro alle ambizioni della Turchia di Erdogan, bastione della Nato, che vorrebbe estendere la sua influenza sulla provincia industriale di Aleppo e sui curdi. L’America di Obama, non troppo diversamente da quella dei repubblicani, non si vuole sbilanciare: non intende compromettere le vecchie alleanze con la dinastia degli Al Saud, potenza finanziaria e ricco mercato di export di armi, e allo stesso tempo persegue un accordo con Teheran sul nucleare. È in questa incapacità di scegliere che il Califfato si consolida: presto forse dovremo chiamarlo con un altro nome, più adatto ai sensibili palati delle democrazie occidentali».
Titolo articolo: Gli Usa accusano i soldati iracheni.
Nota a margine. Al di là di quesiti legati alla cronologia – la domanda se la divisione di Iraq e Siria fosse stata progettata da tempo dagli analisti neocon o sia un’ipotesi legata all’evolversi della situazione – lo scenario disegnato da Negri è alquanto convincente. Basta cambiare il nome al Califfato, il cui riconoscimento internazionale potrebbe essere fonte di imbarazzo. D’altronde il cosiddetto estremismo islamico ha dimistichezza con i cambiamenti di nome: non potendo la Turchia e gli Usa sostenere apertamente al Qaeda, tale organizzazione ha cambiato nome, diventando al Nusra. Così come l’Isis, nata d’improvviso in Iraq, sempre da al Qaeda. E via così, di trasformismo in trasformismo, mutando la forma ma non la sostanza delle cose. Una legione di bande di mercenari al soldo di chi li usa, in conflitto o meno tra loro a seconda dei desiderata dei rispettivi sponsor.
Da questo punto di vista appaiono risibili le analisi di tanti asseriti esperti sulle differenze ideologiche e religiose tra le varie organizzazioni terroriste che infestano il Medio Oriente (e non solo), che hanno come effetto quello di creare una cortina fumogena dietro la quale è difficile intravedere la realtà.