La Chiesa: rivelazione pubblica e rivelazioni private
Tempo di lettura: 3 minutiHanno fatto notizia le parole del Papa sulle veggenti nell’omelia che riportiamo in una Nota. In effetti, nel mondo, oggi più che un tempo, assistiamo a un moltiplicarsi di veggenti o presunti/e tali. Quello del Papa appare null’altro che un richiamo alla distinzione e al discernimento, onde evitare pericolose confusioni, strani spiritualismi e altro e più oscuro.
Riportiamo un brano della Dei Verbum: «Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come “uomo agli uomini”, “parla le parole di Dio” e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre. Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre, col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione»
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Questa, dunque, tutta la rivelazione cristiana in forma pubblica, tanto che l’enciclica aggiunge: «L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo».
Ma se tutta la rivelazione pubblica è un dato (nel senso di un dono già accaduto), esistono anche quelle private. Così ne accenna il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate “private”, alcune delle quali sono state riconosciute dall’autorità della Chiesa. Esse non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di “migliorare” o di “completare” la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica».
Nella prefazione alle “Norme per procedere nel discernimento di presunte rivelazioni e rivelazioni” (2011), il prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, cardinal William Levada, spiega il senso e il valore di queste apparizioni: «Per questo l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. Una rivelazione privata può introdurre nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche. Essa può avere un certo carattere profetico e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso. In ogni caso, deve trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza».
Il neretto è nostro e sta a significare che in fondo – e non solo in fondo -, quel che conta è la rivelazione pubblica di cui sopra. Il che comporta un sano realismo riguardo le rivelazioni private.
Ciò non vuol dire sminuire quelle approvate dalla Chiesa, che sono tante e che anzi sono grazie dalle quali i fedeli traggono conforto e aiuto.
Non si tratta neanche di porre una dialettica tra l’una e le altre (quelle approvate ovviamente), piuttosto evidenziare qualcosa che attiene alla misericordia del Signore, che non vincola – con il dolce vincolo della Sua carità – se non all’essenziale, a garanzia della facilità e della semplicità del rapporto tra il creatore e la sua amata creatura.
C’è chi ha pensato che le parole del Papa, nello specifico, siano una negazione preventiva dell’autenticità delle apparizioni di Medjugorje, che vedono la Madonna apparire e inviare messaggi a scadenze fissate (cosa alquanto singolare se confrontate con altre apparizioni approvate dalla Chiesa).
In questa sede evitiamo il vano esercizio di esegesi delle parole papali, attendendo con serenità il giudizio ufficiale della Chiesa. Tenendo in debito conto che la gente si reca a Medjugorje a pregare: chi prega si salva diceva sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Massima che ha valore infinito.