14 Luglio 2015

Raggiunto l'accordo sul nucleare iraniano

Raggiunto l'accordo sul nucleare iraniano
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C’è l’accordo: la trattativa per il nucleare iraniano è andata in porto, nonostante le fortissime resistenze internazionali. Un accordo che potrà saltare nel tempo a venire, questo quel che si augurano i tanti oppositori che già sperano di bloccarne la ratifica da parte del Congresso degli Stati Uniti (anche se Obama ha già detto di voler porre il veto su un eventuale voto contrario).

Ma oggi qualcosa è successo. Qualcosa di epocale.

 

Tanti dettagli dell’intesa, e pure importanti, ma sono dettagli, appunto, in una pagina di storia.

Da decenni i media registrano le minacce di un intervento armato contro l’Iran per bloccarne lo sviluppo della bomba atomica, ventilate più volte dalle autorità israeliane o americane. Come hanno registrato più volte, soprattutto durante la presidenza Ahmadinejad, minacce opposte riguardo possibili attacchi contro Israele.

Oggi quelle minacce appartengono al passato, anche se le autorità israeliane hanno manifestato tutto il loro disappunto, per usare un eufemismo, riguardo l’intesa.

 

Il premier israeliano Netanyahu, infatti, ha subito convocato il Consiglio di Difesa. Non tanto un provvedimento d’urgenza, dal momento che era sicuramente informato di quanto accadeva ai negoziati di Vienna, quanto un segnale politico inviato al mondo. Ma non è detto che tutto l’ebraismo condivida il suo scetticismo riguardo una possibile convivenza con gli iraniani.

 

In fondo le accese controversie tra i due Stati hanno datazione recente, mentre la storia parla di altro, come testimonia la comunità ebraica che abita l’antico suolo persiano (la più numerosa in Medio Oriente dopo quella israeliana).

E i contrasti all’intesa non mancheranno neanche da parte degli ambiti islamici sunniti, dal momento che il felice esito del negoziato mina il loro ruolo di unici partner dell’Occidente all’interno nel mondo arabo.

 

In seguito all’accordo Teheran potrà aprirsi al mercato internazionale, prima per lo più precluso, e il mercato internazionale potrà portare a Teheran i suoi benefici (e anche i suoi malefici).

Ma soprattutto l’Iran potrà ricominciare a dispiegare la sua politica in Medio Oriente alla luce del sole, che poi era il nodo reale della questione, quello che bloccava tutta la trattativa.

 

Potrà quindi essere un attore non secondario dell’azione di contrasto all’Isis e ai movimenti jihadisti ad esso collegati, la cui missione primaria è quella di destabilizzare e annichilire gli islamici del ramo sciita, dei quali Teheran è il faro religioso.

 

Anche per questo potrà giocare un ruolo non indifferente nell’annosa guerra siriana e nel più recente conflitto iracheno, che per meccanismo necessario tendono a tracimare nel vicino Libano e, in futuro, a incendiare lo stesso Iran.

Non che gli iraniani finora siano rimasti con le mani in mano, ma sono stati costretti a tenere un basso profilo, con una possibilità di incidenza molto limitata. L’accordo, in questo senso, cambia tutto.

 

Il ministro degli Esteri della Ue, Federica Mogherini, ha dichiarato: «È un segnale di speranza per il mondo intero». A lei ha fatto eco il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, il quale ha affermato: «L’accordo invia un segnale di speranza per un cammino di dialogo per il Medio Oriente».

 

Va segnalato, infine, anche il tweet del presidente iraniano Hassan Rouhani: «Molte persone hanno pregato per la squadra di negoziatori durante il mese santo del Ramadan. È un privilegio per me annunciare che le loro preghiere sono state esaudite».

 

Ma le dichiarazioni più riprese dai media sono state ovviamente quelle di Obama, che si è giocato tutta la sua presidenza in questo “impossibile” negoziato. Il presidente degli Stati Uniti, dopo aver rassicurato sul fatto che l’accordo ha delle basi reali che impediranno all’Iran di sviluppare il programma nucleare militare, ha voluto sottolineare come quanto avvenuto «dimostra che la  diplomazia può portare cambiamenti reali».

 

Un elogio della diplomazia molto significativo. Anche perché quanto avvenuto a Vienna, la vittoria della diplomazia sulla logica militare, ha un altissimo significato simbolico, soprattutto in un tempo nel quale è sempre più frequente il ricorso alle armi per risolvere (o non risolvere) le controversie internazionali.

 

Ed è molto probabile che con quel cenno Obama si riferisse anche alla controversia ucraina, dove la diplomazia soffre il peso della spinta verso il confronto bellico. Da questo punto di vista l’accordo di oggi, possibile solo grazie a una consonanza profonda tra Washington e Mosca (nonostante le apparenze), potrà forse portare frutti insperati anche in quel drammatico scenario (almeno questa è la recondita speranza).

 

Ma questo è il futuro, che avrà le sue rose e le sue spine. Nel presente, oggi, va semplicemente registrato un evento che ha dello storico. Accaduto, per singolare coincidenza, nell’anniversario di un altro avvenimento storico, la presa della Bastiglia.

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