Il Preziosissimo Sangue di Gesù, dal miracolo di Ferrara a san Gaspare
Di fede rara, questo, secondo antiche cronache cittadine, il significato del nome di Ferrara: la bellissima città estense, famosa per i suoi tesori d’arte e per essere stata meta di personaggi quali Paracelso, Pico della Mirandola e Niccolò Copernico, custodisce un cuore profondamente cristiano tanto da avere avuto il privilegio di assistere ad uno dei più grandi e meno conosciuti miracoli eucaristici mai avvenuti. A renderne testimonianza, la straordinaria basilica di Santa Maria in Vado che conserva al suo interno le macchie del sangue di Gesù, posta nella periferia medievale della città.
Ma andiamo alla storia: è il giorno di Pasqua del 28 marzo del 1171. Nella minuscola chiesa di Santa Maria in Vado accorrono in tanti da varie zone di Ferrara. Il motivo è che la chiesa, edificata lungo la sponda sinistra del fiume Ferraiolo, sin dal VII secolo è meta di pellegrinaggi per via della miracolosa immagine della Madonna – detta di San Luca – posta su un capitello. A celebrare la santa messa c’è il priore, padre Piero da Verona dei Canonici Portuensi di Ravenna, assistito da padre Leonardo e padre Aimone. Proprio in quel santo giorno, padre Piero da Verona è assalito da un dubbio atroce sul quel pane e quel vino che sta per consacrare in corpo e sangue di Gesù. Per giunta, nella festa della sua Resurrezione.
Nonostante il macigno che si porta nel cuore, il sacerdote va avanti nella celebrazione. Giunto alla frazione del pane consacrato, mentre spezza l’ostia, vede da questa sprizzare un fiotto di sangue che va, con le sue goccioline, a macchiare la volticina bassa posta sopra l’altare della celebrazione.
Tutti gli astanti rimangono stupefatti da quell’evento improvviso e straordinario: dalla particella consacrata era uscito il sangue di Gesù, sotto gli occhi di tutti. Tra manifestazioni di giubilo e lacrime di commozione, i fedeli gridano al miracolo prostrandosi in ginocchio, mentre i celebranti, nella confusione, cercano di raccogliere il sangue di Cristo rimasto sull’altare.
Dell’accaduto vengono informati immediatamente il vescovo Amato di Ferrara e l’arcivescovo Gherardo di Ravenna, i quali constatano con i propri occhi la persistenza del sangue sgorgato dall’ostia, e testimoniano pubblicamente che «il Sangue vivissimo rosseggiava sulla volticina dell’altare». Quindi, raccolte le parole dei testimoni oculari, concludono che quello sparso sulle mura della chiesa di Santa Maria in Vado è il vero e realissimo sangue miracoloso di Nostro Signore.
Nel corso dei secoli molte sono state le testimonianze riguardo l’autenticità del miracolo eucaristico ferrarese, fra questi la Gemma ecclesiastica, il documento più antico, redatto a soli 26 anni di distanza, ad opera di Gerardo Cambrense, ritrovato di recente dallo storico Antonio Samaritani. Ma il documento più autorevole, del 30 marzo 1442, è la bolla di Papa Eugenio IV, il quale ritorna sulla narrazione del miracolo avvenuto a Ferrara affermando che «la chiesa di Santa Maria in Vado deve essere onorata, perché in essa il corpo e il sangue di Cristo apparve manifestatamene durante la messa». E ancora un papa, Benedetto XIV, ricordò il miracolo nel De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione.
La fama di tanto prodigio si sparse per tutto il mondo e la pietà dei fedeli rese possibile la costruzione, nel 1501, di una grandiosa Basilica che racchiude intatte le pareti e la volta dell’antica chiesetta, sulle quali, ancora oggi, circondate da anellini d’oro, si possono vedere chiaramente le gocce del sangue prodigioso. Il nuovo tempio, che mantenne il titolo di Santa Maria in Vado, oggi è officiato dai Missionari del Preziosissimo Sangue, ordine fondato da san Gaspare del Bufalo, l’apostolo della devozione del Preziosissimo Sangue di Gesù.
La Basilica fu poi arricchita per volontà di Alfonso II d’Este, il quale, nel 1594-95, fece costruire un tempietto che, grazie a due scale di marmo, consentiva un più facile accesso al prodigioso Sangue. Molti i pellegrini illustri, tra i quali diversi pontefici: Alessandro III (1177), Urbano III (1187), Eugenio IV (1438), Clemente VIII (1598), Pio IX (1857), Giovanni Paolo II (1990).
Gaspare del Bufalo, Pio IX, Giovanni XXIII: gli apostoli del Preziosissimo Sangue
Il miracolo di Ferrara, insieme ad altri miracoli eucaristici avvenuti in molte parti del mondo, ha fatto sì che, nel corso dei secoli, germogliasse e si rafforzasse in seno alla Chiesa l’esigenza di onorare, attraverso una devozione particolare, il preziosissimo Sangue di Gesù, anche se il suo valore è stato riconosciuto dalla Chiesa fin dagli inizi. Gli scrittori ecclesiastici informano che la sacra devozione comincia a prendere forma in età tardo-antica con la conversione alla fede cristiana dei popoli barbari, i quali sentivano il bisogno di una fede concreta, “umana”. Ecco che allora si dette corso a feste che rievocavano episodi della vita di Gesù. Alla messa, unica forma di culto pubblico fino ad allora, si affiancarono processioni e cerimonie varie. In questo clima si svilupparono, nel corso dei secoli, le “devozioni”, alimentate da grandi santi e scrittori spirituali quali san Bonaventura, la beata Angela da Foligno, santa Caterina da Siena, santa Maria Maddalena de’ Pazzi.
Dopo un lungo periodo nel corso del quale tale devozione viene alquanto obliata, il Sangue di Cristo cominciò nuovamente ad essere oggetto di pubblica adorazione nella prima metà dell’Ottocento, attorno a una reliquia della Passione che si conservava nella Basilica di San Nicola in Carcere a Roma. Una devozione fiorita grazie a un brandello della veste di Longino – il soldato romano che con la sua lancia trafisse il costato del Signore – sul quale era rimasta impressa una macchia di sangue ritenuto di Cristo. Nel 1808 il sacerdote romano Francesco Albertini istituí una confraternita dedicata al preziosissimo sangue, sia per onorare quella reliquia, sia per richiamare alla mente dei fedeli la forza redentrice del sangue del Signore.
Tra i piú validi collaboratori dell’Albertini ci fu, fin dagli inizi, un altro sacerdote romano, Gaspare del Bufalo, destinato a diventare il più grande apostolo della devozione al preziosissimo sangue. San Gaspare, infatti, alcuni anni dopo (1815), fondò l’istituto dei Missionari del preziosissimo sangue, i cui membri, sacerdoti e laici, si sarebbero dedicati alla evangelizzazione mediante le missioni popolari e gli esercizi spirituali.
Nel 1822, san Gaspare presentò istanza alla Santa Sede per ottenere il “nulla osta” per la celebrazione della festa del Preziosissimo Sangue. La Sacra Congregazione dei Riti Religiosi concesse di celebrarla la prima domenica di luglio, ma solo all’interno della congregazione di san Gaspare. Pio IX poi la fissò al primo luglio, e Pio XI la elevò a rito doppio di prima classe nell’aprile 1934, al termine dell’Anno santo straordinario indetto in occasione del XIX centenario della Redenzione. La presenza di questa festa nel mese di luglio ha fatto sì che, per estensione, tutto questo mese sia dedicato a questa devozione, similmente a quanto avviene per quella verso la Madonna nel mese di maggio e a quella per il Sacro Cuore di Gesù a giugno.
Tra tanti pontefici, due in particolare mostrarono particolare attenzione a questa santa devozione: Pio IX e Giovanni XXIII. Il primo, nel 1848, a causa dell’occupazione di Roma, fu costretto a rifugiarsi a Gaeta. Qui fu visitato dal servo di Dio don Giovanni Merlini il quale predisse al Santo Padre che, se avesse fatto voto di estendere la Festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa, presto sarebbe tornato a Roma. Il Pontefice, dopo aver riflettuto e pregato, il 30 giugno del 1849 gli fece rispondere che appena rientrato a Roma, non per voto, ma spontaneamente, avrebbe fatto quanto richiesto.
Il Papa tornò a Roma proprio la vigilia della festa del Preziosissimo Sangue. Fedele alla promessa, il 10 agosto di quello stesso anno, Pio IX firmava il decreto che elevava la festa del Preziosismo Sangue a rito e ne estendeva la celebrazione a tutto il mondo.
Ma nonostante questo, la diffusione della devozione al Sangue di Gesù ebbe sorte travagliata, come testimoniano le aspre lotte che dovette subire san Gaspare del Bufalo nel perseguire tale intento. Questi, però, un giorno ebbe a predire che sarebbe salito sulla Cattedra di Pietro un Pontefice che avrebbe favorito tale culto: si trattava di Giovanni XXIII. E così fu: fin dall’inizio del suo pontificato, papa Roncalli esortò i fedeli a coltivare tale devozione. E ne sottolineò l’importanza con un gesto minimo ma significativo: con una decisione fuori da ogni protocollo, riservò a sé la Protettoria della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.
Il 31 gennaio 1960, in occasione della chiusura del Sinodo romano, volle pubblicamente elogiare san Gaspare come «il vero e più grande apostolo della devozione del Preziosissimo Sangue nel mondo». E il 24 gennaio dello stesso anno approvò per la Chiesa universale le Litanie del Preziosissimo Sangue.
Ma l’atto ufficiale e più solenne è senza dubbio la Lettera apostolica Inde a primis del 1° luglio 1960, con la quale, rivolgendosi al mondo cattolico, scrive: «Più volte ci è accaduto fin dai primi mesi del Nostro servizio pontificale […] di invitare i fedeli in materia di devozione viva e quotidiana a volgersi con ardente fervore verso l’espressione divina della misericordia del Signore sulle singole anime, sulla sua Chiesa e sul mondo intero, di cui Gesù resta il redentore ed il Salvatore. Vogliamo dire la devozione al Preziosissimo Sangue. Questa devozione ci fu istillata nello stesso ambiente domestico in cui fiorì la nostra fanciullezza, e tuttora ricordiamo con viva emozione la recita delle Litanie del Preziosissimo Sangue che i nostri vecchi facevano nel mese di luglio […]».
«Nell’approssimarsi perciò della festa e del mese dedicati al culto del Sangue di Cristo, prezzo del nostro riscatto, pegno di salvezza e di vita eterna, ne facciano i fedeli l’oggetto di più devote meditazioni e di più frequenti comunioni sacramentali […] in tal modo i fedeli, che vi si accosteranno degnamente, percepiranno più abbondanti i frutti di redenzione, di risurrezione e di vita eterna, che il Sangue sparso da Cristo “per impulso dello Spirito Santo” ha meritato al mondo intero. E nutriti del Corpo e del Sangue di Cristo, resi partecipi della sua vita divina che ha fatto sorgere legioni di martiri, essi andranno incontro alle lotte quotidiane, ai sacrifici, sino al martirio, se occorre, in difesa della virtù e del regno di Dio, sentendo in se medesimi quell’ardore di carità, che faceva esclamare a san Giovanni Crisostomo: “Partiamo da quella Mensa come leoni spiranti fiamme, divenuti terribili al demonio, pensando chi sia il nostro Capo, e quanto amore abbia avuto per noi […] Questo Sangue, se degnamente ricevuto, allontana i demoni, chiama presso di noi gli angeli, e lo stesso Signore degli angeli”».
Così chiudiamo con due scritti di san Gaspare: «Non dimenticate che tra il Padre Eterno e noi c’è di mezzo Gesù Cristo […] il Sangue di Gesù grida, chiedendo per noi pietà». E ancora: «Il pensiero […] che addolorò il Salvatore si fu il rilevare che tanti per loro colpa non si sarebbero approfittati della Redenzione e del suo Divin Sangue. Or sì questo sì fu il motivo principale dei spasimi atroci». Un invito ad approfittare di questo stupendo dono, che apre ai peccatori le porte del Paradiso.
Nella foto, la Volta della Chiesa di Santa Maria in Vado a Ferrara